Scherzo a Giorgia Meloni, mail false e filtri aggirati: cosa non ha funzionato a Palazzo Chigi

Lo scherzo compiuto dal duo Vovax e Lexus a Giorgia Meloni ha alzato il livello d’allerta su alcune falle del sistema che ruota intorno alla premier. 

Il duo comico russo Vovan e Lexus ha messo in piedi una telefonata fake, il cui contenuto è diventato subito virale. Ci sono diversi aspetti che non hanno funzionato, sta di fatto che però la presidente Giorgia Meloni pensava di parlare con il presidente dell’Unione africana: uno scherzo messo in atto e dagli obiettivi ancora tutti da decifrare.

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La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, durante le dichiarazioni presso il Senato in vista del Consiglio europeo (ANSA)

In ogni caso, però, ciò che si mostra è la vulnerabilità dei meccanismi di controllo, quelli nello specifico intorno alla Presidenza del Consiglio, insieme a problemi sulla sicurezza nazionale.

Come si procede solitamente e cosa non ha funzionato

La trappola del duo comico russo è iniziata tramite il sistema di posta elettronica. Alcune fonti citate da Repubblica avrebbero parlato di una email che sarebbe stata recapitata all’indirizzo dello staff presidenziale e in seguito alla segreteria della Presidenza, con tanto di recapito telefonico da utilizzare.

Ma qui entrano in gioco due elementi di natura organizzativa: in questi casi ci sono due opzioni di procedura. Nel primo i capi di governo entrano in contatto tramite telefono diretto (anche Whatsapp), scavalcando i consiglieri diplomatici. Nel secondo, invece, c’è la via tradizionale che prevede il contatto fra omologhi e la richiesta di programmare una telefonata.

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Giorgia Meloni e la delicata questione dello scherzo telefonico, cosa dice Palazzo Chigi in una nota (ANSA)

Qualora i due si conoscano sarà soltanto necessario fissare orario e definire una linea sicura, in alternativa si contatta l’ambasciatore sul posto per assicurare circa l’identità dell’interlocutore. In seguito si concorda data e si definisce l’utenza da utilizzare. Nella fattispecie, però, nessuna delle due procedure sarebbe stata rispettata.

Tornando alla vicenda Meloni, invece, lo staff della presidente assicura di aver proceduto con la solita parsimonia nei controlli. Resta pur vero che, però, qualcosa non abbia funzionato. Sta di fatto che per tutta una serie di motivi non sarebbe stato attivato il filtro dell’ambasciata italiana presso l’Unione africana (ha sede in Etiopia). Questa falla nella procedura, non di certo di natura burocratica, avrebbe quindi minato il sistema di sicurezza.

Come hanno fatto ad aggirare il sistema, i dettagli

Palazzo Chigi ammette l’errore, ma nel comunicato parla dell’ufficio del consigliere diplomatico che si sarebbe assunto la responsabilità dell’accaduto. La vicenda risale allo scorso mese di settembre, ma fonti citate da Repubblica spiegano che tutto ciò sarebbe stato scoperto nelle ultime ore. Ma è il “fine malevolo dell’operazione” che avrebbe allertato  la sicurezza intorno alla premier italiana.

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Giorgia Meloni e la telefonata fake con un fantomatico esponente dell’Unione africana in realtà inesistente (ANSA)

A tal proposito si è espresso anche Lorenzo Guerini, presidente del Copasir, che ha contattato il sottosegretario Mantovano per fare il punto sulla vicenda. L’incidente avrebbe però messo in mostra alcune falle nei sistemi di sicurezza.

Non bisogna in alcun caso dimenticare che i due comici provengono dalla Russia, paese al centro del conflitto in Ucraina. La fase geopolitica resta estremamente delicata e la vicenda rischia di aumentare le polemiche. Questo potrebbe portare ad adottare contromisure, così da evitare nuovi episodi come quello accaduto alla presidente del Consiglio.

I due autori dello scherzo, nella fattispecie Aleksej Stoljarov (Lexus) e Vladimir Kuznetsov (Vovan) non sono nuovi a tali tipi di scherzi.Hanno infatti beffato altri leader politici come Boris Johnson e Recep Tayyip Erdogan, senza dimenticare personaggi dello spettacolo come Elton John e J.K. Rowling. Fra le “vittime” figura anche Donald Trump, ex presidente degli Stati Uniti d’America.

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