Sfila la pistola dalla cintola e la punta alla testa di due persone: il gesto violento di un poliziotto per 200 euro. L’aggressione davanti la stazione Tiburtina di Roma
Ha puntato la pistola d’ordinanza direttamente alla nuca di due persone di origini albanesi. Dopodiché le ha fatte inginocchiare chiedendogli i soldi, un debito che i due, secondo l’agente, avevano nei suoi confronti di 200 euro. Il poliziotto, che al momento dei fatti non era in servizio, si è rivolto a uno dei due malcapitati dicendogli: “M’hai rubato i soldi. Ti ammazzo pezzo di merda, ti do una revolverata in testa”.
La scena è avvenuta davanti a decine di passanti che scioccati hanno assistito al folle gesto dell’agente di polizia davanti la stazione Tiburtina di Roma. Con l’uomo anche il figlio di questo, complice del padre nell’aggressione ai due albanesi. I fatti risalgono al 18 giugno scorso e parrebbe che il poliziotto ha agito per una regolazione dei conti.
Poliziotto punta pistola alla nuca di due persone. Il gesto estremo per un debito di 200 euro
Ad impugnare l’arma e a scatenare il panico tra la folla è un poliziotto, in quel momento fuori servizio, che aveva deciso di regolare i conti a modo suo con due presunti debitori. La scena in pieno stile western è accaduta nel tardo pomeriggio dello scorso 18 giugno davanti l’ingresso della stazione Tiburtina.
Le vittime sono due persone albanesi, padre e figlio che impauriti per la furia dell’agente, gli consegnano quello che l’uomo aveva richiesto loro: ovvero 200 euro. Così, soddisfatto per aver avuto la meglio, il poliziotto prende i soldi e dice: “Adesso sono usciti fuori i soldi”. Poi, in abiti civili, va via.
L’assistente capo di 49 anni, a distanza di 4 mesi, ieri è stato raggiunto dalla misura cautelare degli arresti domiciliari da scontare a Roma. L’obbligo di dimora arriva dopo un’inchiesta portata avanti dalla polizia che ha inchiodato il collega che, insieme al figlio, si è rovinato non solo la vita privata ma anche quella professionale.
Padre e figlio sono accusati dei reati di estorsione, lesioni e calunnia. L’ultimo dei tre reati è stato contestato dal pubblico ministero Francesco Basentini e dal gip Ezio Damizia perché sia il poliziotto che il figlio hanno affermato il falso sostenendo di essere stati aggrediti dai due cittadini albanesi e di essersi così dovuti difendere. Una versione ovviamente inventata dall’inizio alla fine e confermata anche dai video delle telecamere di sorveglianza della zona dove è avvenuto il fatto che hanno registrato l’intera scena di violenza. Non solo, a confermare la verità dei fatti e incastrare, così l’agente e il figlio, anche le numerose testimonianze che hanno raccontato la dinamica di quanto accaduto.
La dinamica dell’aggressione
Nel dettaglio il racconto parte da quanto i due cittadini albanesi accettano l’impiego in un maneggio appartenente a uno dei due figli dell’agente di polizia nella periferia di Roma. I due operai, originari di Tirana, lavorano al maneggio per cinque giorni, prima di decidere di abbandonare quell’impiego.
La motivazione che danno è la non soddisfazione dell’alloggio messo a loro disposizione dai proprietari del posto. Così la coppia di albanesi comunica la loro decisione e chiedono di essere pagati per i cinque giorni lavorativi. La cifra ammonta a 200 euro, i due prendono i soldi e vanno via. Del fatto viene avvisato il padre del proprietario del maneggio, ovvero l’assistente capo che, invece, ritiene quei 200 euro un furto.
Il poliziotto così, insieme a uno dei figli, decide di riprendersi quella somma. Si dirigono verso la stazione Tiburtina da dove gli albanesi stavano per prendere un treno in direzione Bari. Alla vista dei due ex operai, l’agente va su tutte le furie, così si avvicina ai due e inizia a picchiarli: calci, pugni fino a quando l’uomo sfila la pistola dalla cintola e la punta sulla nuca di uno dei due albanesi pretendendo di farsi giustizia da solo. Alla fine, la vera giustizia ha punito l’agente che ora sarà costretto agli arresti domiciliari.