Morte Desirée Mariottini: nuovo processo a 4 imputati. Cadute le accuse di omicidio per Mamadou Gara

Per il caso della 16enne Desirée Mariottini, morta nel quartiere romano di San Lorenzo nell’ottobre del 2018, la Cassazione fa cadere le accuse di omicidio per Mamadou Gara. Previsto nuovo processo per i 4 imputati

Per la conclusione del caso di Desirée Mariottini si dovrà attendere ancora. Ci sarà un nuovo processo ai 4 imputati accusati per la morte della 16enne di Cisterna di Latina, deceduta nella notte tra il 18 e il 19 ottobre del 2018 nel quartiere romano di San Lorenzo a causa di una potente dose di metadone mixata insieme a cocaina, eroina e psicofarmaci somministrata dai suoi aggressori i quali avevano come scopo primario quella di abusare sessualmente di lei.

Morte Desirée Mariottini
Morte Desirée Mariottini: nuovo processo per i 4 imputati. (free.it)

A decidere per un nuovo giudizio davanti ad un’altra sezione della Corte d’Assise d’appello di Roma ai 4 imputati di origine africana è stata la Cassazione ieri sera, venerdì 20 ottobre, al termine di una camera di consiglio durata quasi quattro ore, nonostante la richiesta del sostituto procuratore generale Simone Perelli di confermare tutte le condanne per gli imputati.

Morte Desirée Mariottini: cadute le accuse di omicidio per Mamadou Gara

I giudici della Corte di Cassazione di Roma hanno anche messo in discussione l’accusa di omicidio e la conseguente condanna all’ergastolo per il senegalese Mamadou Gara (detto Paco). La stessa accusa, come riporta il Messaggero, è stata invece confermata per gli altri tre imputati: il nigeriano Chima Alinno, a cui erano stati inflitti 27 anni, e per il senegalese Brian Minteh, che aveva avuto 24 anni e mezzo di reclusione.

morte Desirée Mariottini
Morte Desirée Mariottini, chi sono i condannati ora in un nuovo processo (ansa) free.it

E’ caduta invece l’aggravante della violenza sessuale contestata al reato di omicidio. Per cui le pene inflitte ai 3 subiranno molto probabilmente una riduzione. Per Brian Minteh ci sarà un nuovo processo anche in relazione all’accusa di cessione di droga. Mentre è stato completamente assolto dal reato di violenza sessuale il ghanese Yusif Salia che, in secondo grado, era stato condannato all’ergastolo.

Era stato proprio lui, secondo alcuni testimoni che volevano chiamare i soccorsi quella notte, ad aver pronunciato l’agghiacciante  frase: “Meglio lei morta che noi in galera”. Frase pronunciata, secondo il pg della Corte d’assise d’appello al solo “desiderio di mantenere il loro commercio di droga. Nessuno doveva sapere cosa succedeva in quella casa”.

I 4 imputati

L’avvocato Claudia Sorrenti, legale della zia di Desirée ha affermato: “Quello che ha sconvolto i familiari è la non conferma dell’accusa di violenza sessuale per uno dei 4 impuntati, anche se resta la condanna all’ergastolo”. La giovane vittima dello stupro di gruppo, fu trovata morta in un edificio abbandonato nel quartiere romano di San Lorenzo.

Il medico legale aveva accertato che le lesioni riportate da Desirée Mariottini testimoniavano che, finché era cosciente la ragazza aveva opposto resistenza a un rapporto sessuale completo, facendo presente anche che la “lacerazione della membrana imenale” risaliva a poco prima della morte. In sostanza la 16enne perse la sua verginità a seguito degli abusi subiti quella sera.
Secondo l’accusa, gli imputati non fecero nulla per salvare la vita alla ragazza. Il pg nel corso del processo di appello riferì: “Lo stato di semi incoscienza in cui versava Desireé le impedì anche di rivestirsi. Respirava appena e nonostante fosse incosciente, gli imputati rimasero indifferenti”.

Nella sentenza del giugno del 2021 i giudici della Corte d’Assise di Roma scrivevano, come ora riporta il quotidiano: “Non si trattò solo della cinica e malevola volontà di non salvare la giovane dall’intossicazione di cui loro stessi erano stati autori e di impedire le indagini delle violenze da lei subite, ma di conservare la propria casa e le proprie fonti di reddito”.  Il legale del nigeriano Chima Alinno, l’avvocato Giuseppina Tenga ha dichiarato in merito: “La Cassazione è stata coraggiosa, riformando la sentenza d’appello che non aveva fatto giustizia, lasciando enormi voragini. La vittima aveva sul corpo tanti dna di soggetti non identificati. Il mio assistito era già stato assolto nei gradi precedenti dal reato di stupro, quindi l’aggravante non poteva sussistere. A questo punto penso di chiedere la scarcerazione per scadenza termini”.

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