Per l’incidente del pullman a Mestre ci sono i primi tre indagati. Sono due dipendenti del Comune di Venezia e l’amministratore delegato della società di trasporti La Linea. Cosa succede ora
A distanza di 9 giorni dalla strage del bus volato giù dal cavalcavia a Mestre tre persone sono state iscritte nel registra degli indagati per omicidio plurimo stradale.
Due dipendenti del Comune di Venezia e l’amministratore delegato della società che gestisce il servizio di navetta per il camping Hu di Marghera.
L’incidente dello scorso 3 ottobre ha provocato 21 vittime, turisti provenienti da ogni parte del mondo e 15 feriti, alcuni dei quali ancora in gravi condizioni. Tra i morti anche il conducente dell’autobus, Alberto Rizzotto, unico italiano a perdere la vita quella sera. Ieri la sostituto procuratore di Venezia Laura Cameli, che coordina le indagini, ha notificato agli atti i nomi delle tre persone con le ipotesi di omicidio stradale, omicidio colposo plurimo, lesioni personali stradali gravi o gravissime e lesioni personali colpose.
Chi sono i tre indagati per l’incidente del pullman di Mestre
Nel fascicolo di indagine per la strage dei turisti a Mestre risultano indagati: Massimo Fiorese, 63 anni, di Padova, amministratore delegato della società La Linea, proprietario del bus precipitato dal cavalcavia; Roberto Di Bussolo, 51 anni, residente a Mestre, dirigente del settore Viabilità terraferma e mobilità del Comune di Venezia e, infine, Alberto Cesaro, 47 anni, residente a Martellago, provincia di Venezia, responsabile del Servizio manutenzione viabilità terraferma del Comune.
Il procuratore capo di Venezia, Bruno Cherchi, il giorno dopo l’incidente aveva già aperto un fascicolo per omicidio plurimo stradale contro ignoti, sostenendo: “Io non indago le persone così, ma solo se ci sono concreti elementi di responsabilità. Con le ipotesi non si va da nessuna parte”. A distanza di una settimana dal fatto, i nomi sono saltati fuori e oggi Cherchi e la pm Laura Cameli nomineranno il perito che avrà l’incarico di accertare tecnicamente sulla dinamica di quanto accaduto la sera del 3 ottobre quando l’autobus carico di turisti è sbandato sul cavalcavia di Mestre per poi cadere nel vuoto per dieci metri e prendere fuoco.
La perizia tecnica è atta a fornire nuovi dettagli utili a ricostruire l’incidente ancora avvolto da molti interrogativi. Tra questi spicca lo stato di salute dell’autista Rizzotto. Sul cadavere dell’uomo è stata eseguita l’autopsia ma per gli esiti si dovrà aspettare ancora altri giorni. Altro interrogativo posto riguarda, invece, la manutenzione del viadotto e in particolare la barriera si cui la navetta ha strisciato prima di cadere di sotto.
Il viadotto e i documenti
Al momento il tribunale ha acquisito dal Comune di Venezia tutti i documenti utili alle indagini preliminari sul progetto di manutenzione straordinaria del viadotto partito tra il 4 e il 5 settembre. Sotto la lente di ingrandimento anche lo studio di fattibilità della messa in sicurezza del viadotto, redatto nel 2018 dagli ingegneri Gianfranco e Gianluca Baldan e Gianluca Pasqualon.
Sul cavalcavia sotto sequestro si legge dai documenti ingegneristici: “L’aspetto comune rilevato per tutte le strutture è l’avanzato stato di degrado che le caratterizza da imputarsi principalmente al deterioramento fisiologico dei materiali e alla carente manutenzione”. In sostanza l’intero viadotto è stato ritenuto “ammalorato”, e tra questi anche i guardrail.
Nel documento, come riporta anche il Corriere della Sera, si legge ancora: “Si rileva un importante e diffuso danneggiamento dei parapetti. Questi ultimi e le barriere di ritenuta, ove presenti, non sono conformi alle vigenti disposizioni legislative”.
Infine gli ingegneri, che nel documento non fanno cenno ai varchi, definiscono le barriere anche fortemente degradate e i cordoli addirittura con “distacchi di porzioni di materiale che precipitando potrebbero causare danni ai convogli ferroviari”. Proprio da un buco che non doveva esserci l’autobus con a bordo 35 turisti alle 19.38 è precipitato nel vuoto.