La strage di Brandizzo e l’esigenza di fare luce sulla vicenda del treno che ha travolto e ucciso in cinque operai. Dalla scatola nera emerge un dettaglio da non trascurare.
Kevin Laganà, Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Giuseppe Aversa e Saverio Giuseppe Lombardo sono i cinque operai uccisi da un treno lo scorso 30 agosto. Il mezzo non è riuscito ad evitare l’impatto con chi stava lavorando sul binario vicino la stazione di Brandizzo. Nulla da fare per le persone che sono morte sul colpo.
I cinque operai sono stati travolti ad una velocità di oltre 160 km/h, ma adesso dopo alcuni accertamenti emergerebbero delle novità arrivate direttamente dalle analisi sulla scatola nera. Milletrecento metri era la distanza per riuscire a frenare in tempo ed evitare la strage avvenuta in provincia di Torino.
Una serie di elementi avrebbero potuto evitare l’impatto. Quel buio delle 23.49, orario stimato dell’impatto, con una velocità sostenuta da una trentina di chilometri, prima di arrivare a Brandizzo e travolgere i cinque operai.
Ma per il macchinista sarebbe stato praticamente impossibile evitare la tragedia e frenare in tempo, così da evitare di colpire e travolgere chi stava lavorando sul binario. Questo è quanto emergerebbe dalle prime analisi sulla scatola nera del treno e sui tablet in utilizzo dai macchinisti a bordo del treno. A riportare la notizia è Repubblica.
La procuratrice Gabriella Viglione lavora da settimane per fare luce sul caso e cercare di ricostruire la vicenda, secondo dopo secondo. E proprio dalla scatola nera sarebbero stati decriptati i codici con orari, distanze, velocità treno e la posizione durante tutto il percorso che ha portato alla tragedia.
Il conducente di Trenitalia non avrebbe potuto fare nulla, all’orizzonte sarebbero comparsi gli operai 3-4 secondi prima della tragica fatalità. Un lasso di tempo brevissimo per poter frenare ed evitare l’impatto.
Il conducente avrebbe comunque provato a frenare, così come si evince dai segni, ma era ormai troppo tardi. I sopralluoghi avrebbero comunque fatto emergere come non ci sia stato tempo per frenare e questo sarebbe addebitabile anche a causa della curva prima della stazione di Brandizzo.
Nel frattempo, intanto, la scatola nera del treno potrebbe esonerare i macchinisti da qualsiasi tipo di responsabilità. Ancora si resta nel campo delle ipotesi, ma le cause del disastro non sarebbero imputabili a chi guidava il treno. Il macchinista avrebbe viaggiato con il semaforo verde, il codice di “via libera” che quindi non fa fermare il mezzo sulle rotaie.
Da un lato gli operai presenti sui binari, dall’altro il treno che sfrecciava giovandosi del segnale verde di via. Qualcuno avrebbe dovuto posizionare una barra di ferro sul binario, attivando codice giallo o rosso, ma nessuno lo ha fatto. Tutti consapevoli che gli operai, proprio in quel momento, non sarebbero dovuti essere lì.
L’inchiesta non si ferma e punta ad accertare se si trattato di una prassi, ovvero quella di iniziare a lavorare, prima di ottenere un’autorizzazione ufficiale. Che si tratti di un evento eccezionale, oppure di un caso fortuito, spetterà stabilirlo agli organi competenti.
L’attività d’indagine non si ferma e analizza ad ampio raggio quanto accaduto nel Torinese. Fatto sta che la distanza per frenare ed evitare la strage c’era, ma i macchinisti non avrebbero però ricevuto al segnale in tal senso, poi l’impatto e la tragedia che ha provocato sgomento e dolore.
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