Una nuova rivelazione spunta fuori dal caso di omicidio della 18enne Saman Abbas. A raccontarlo sono due detenuti del carcere di Reggio Emilia dopo la confessione fatta loro dallo zio della ragazza
Non fu delitto d’onore. Il movente che avrebbe spinto i familiari della 18enne Saman Abbas a commettere l’omicidio sarebbe un altro. Alla base, secondo quanto riferito da due detenuti nel carcere di Reggio Emilia ci sono i soldi. Come riporta il Corriere della Sera, i due carcerati avrebbero rivelato: “Il padre della 18enne aveva pattuito la somma di 15 mila euro per le nozze combinate. Fu lo zio a spezzarle il collo e sul posto c’era tutta la famiglia”.
Dietro all’apparente movente dell’onore familiare “macchiato” dalla 18enne ci sarebbe, dunque, il denaro. Questo svelerebbe, a sua volta, un vero e proprio giro di racket legato ai matrimoni combinati finalizzati al raggiungimento in Italia. Ovviamente le rivelazioni dei due detenuti nordafricani sono ancora tutte da verificare.
I due detenuti hanno riferito di aver saputo dei particolari legati al movente economico in carcere a Reggio Emilia direttamente dallo zio di Saman Abbas, Danish Hasnain, in un moto di sfogo e sconforto personale. Secondo il racconto dei due nordafricani, la 18enne sarebbe finita all’interno di un giro che andrebbe al di là dei confini strettamente familiari.
Il cugino di Saman, promesso sposo della 18enne, aveva raggiunto un accordo economico con il padre della ragazza: avrebbe preso in moglie la figlia (Saman) in cambio di una somma di 15 mila euro. La finalità non era il matrimonio, ma la possibilità di poter raggiungere l’Italia grazie, appunto, al legame matrimoniale. Lo schema di nozze combinate non sarebbe un caso isolato ma rientrerebbe in una sorta di catena di matrimoni di comodo tra Italia e Pakistan con l’obiettivo dell’accesso legale in Italia.
A inizio settembre Gaetano Paci, capo della Procura di Reggio Emilia e il maggiore dei carabinieri Maurizio Pallante con gli agenti della Polizia Penitenziaria avevano verbalizzato il racconto dei due detenuti, depositando il tutto agli atti del processo. Il processo in corso proprio a Reggio Emilia vede imputati lo zio di Saman, il padre e i due cugini della 18enne, mentre la mamma di Saman risulta ancora latitante in Pakistan. Sempre secondo i due detenuti, sarebbe stato lo zio Danish a uccidere la nipote spezzandole il collo, mentre i due cugini della 18enne la immobilizzavano a terra faccia in giù. Al delitto avrebbero assistito senza fare nulla la madre e il padre della giovane vittima.
I legali difensori seppur non si sono opposti alla deposizione dei due detenuti hanno comunque messo in discussione l’attendibilità dei nuovi testi. Secondo i legali della famiglia Abbas, anzitutto sarebbe stato solo uno dei due nordafricani a raccogliere il presunto sfogo dello zio Danish e non entrambi. L’altro avrebbe appreso dei fatti in un secondo momento dal compagno di cella.
L’avvocato di Danish, Liborio Cataliotti, sottolinea, inoltre, che uno dei due carcerati ha alle spalle una condanna per maltrattamenti in famiglia, perché contrario allo stile di vita della figlia e della moglie ritenuti dal marocchino “troppo occidentali”.
In ultimo, il procuratore Paci avrebbe chiesto, nell’ultima udienza, la sospensione dei termini di custodia cautelare in modo che tutti gli imputati restino in carcere durante l’intero processo di primo grado. La motivazione alla base della richiesta del procuratore risiede nel pericolo di fuga dei familiari di Saman e anche perché il dibattimento potrebbe protrarsi ulteriormente alla luce delle due nuove testimonianze rese dai due detenuti.
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