La strage di Samarate ha come protagonista Alessandro Maja che ha ucciso la moglie e la figlia. Sopravvissuto il figlio Nicolò: cosa hanno detto i giudici.
Alessandro Maja è l’uomo che ha compiuto la tragedia di Samarate, in provincia di Varese, accusato di essere l’autore della strage, compiuta nella villetta di famiglia. Le vittime sono la moglie Stefania Pivetta e la figlia 16enne Giulia.
L’uomo è accusato di aver agito nel pieno delle facoltà mentali, specialmente durante l’azione omicida che ha portato al duplice delitto familiare, nonché al grave ferimento del figlio Nicolò, unico superstite per la strage avvenuta nel Varesotto.
Alessandro Maja avrebbe agito lucidamente e per paura di perdere la qualità di vita che aveva rincorso per tanto tempo. L’uomo ha spiegato di aver ucciso la moglie per una presunta rovina di natura economica. Intanto gli esperti hanno spiegato che l’uomo non presenterebbe alcuna patologia di natura psichiatrica: l’uomo è stato ritenuto capace di intendere e di volere.
La sentenza di primo grado per l’omicidio della moglie Stefania Pivetta, della figlia 16enne Giulia e del tentato omicidio del figlio Nicolò ha visto Alessandro Maja ricevere la condanna all’ergastolo durante lo scorso luglio. Il giudice Ceffa e Giuseppe Fazio, presidente della Corte d’Assise, ha spiegato le motivazioni.
All’origine di tutto ci sarebbe astio nei confronti della moglie. L’uomo ha “accusato” la donna di spendere troppi soldi, così da “rovinarlo” dal punto di vista economico. Senza dimenticare che il suo tentato suicidio non ha convinto i giudici sull’effettiva decisione di metterlo in atto.
I giudici avrebbero inoltre parlato di “presa in giro” per sostenere il pagamento delle cure per il figlio Nicolò, unica persona sopravvissuta per la strage di Samarate. “L’imputato non ha offerto al figlio Nicolò, gravemente leso nella sua integrità fisica dall’azione delittuosa, alcun risarcimento del danno. Nemmeno un sostegno finanziario per affrontare le lunghe e complesse cure a cui dovrà continuare a sottoporsi, al di là della somma offertagli una tantum che, per la sua relativa irrisorietà, è risibile, se non canzonatoria“, conclude.
La Corte d’Assise ha spiegato che Alessandro Maja avrebbe agito in un contesto “subdolo“, agendo di notte in casa e uccidendo moglie e figlia. L’uomo ha ridotto in fin di vita il figlio Nicolò, unico sopravvissuto alla strage, chiedendo al commercialista di come disfarsi di alcuni documenti, esprimendo preoccupazione per aver firmato alcune carte in qualità di architetto.
“Pur disponendo di beni immobili e di liquidità consistente, Maya non ha mai offerto alcun risarcimento a sostegno delle lunghe e costose cure che il figlio ha affrontato e ancora dovrà affrontare“, si legge nelle motivazioni.
I giudici hanno ribadito altri elementi sulla vicenda. “Non c’è alcun risarcimento del danno o sostegno finanziario per affrontare le lunghe e complesse cure a cui dovrà continuare a sottoporsi, al di là della somma offertagli una tantum che, per la sua relativa irrisorietà, è risibile, se non canzonatoria“, spiegano. Proprio per questi motivi, infatti, era stata data la prevalenza delle circostanze aggravanti su quelle che riguardano le attenuanti generiche.
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