Il tecnico della Rfi è uno dei due indagati per l’incidente di Brandizzo: cosa emerge dalle indagini e perché l’uomo rischia grosso.
La strage ferroviaria di Brandizzo è costata la vita a cinque operai che stavano sostituendo diversi metri di binario. Fatale l’impatto con un treno che stava viaggiando ad una velocità di circa 160 km/h. Al momento sono due le persone iscritte nel registro degli indagati.
Antonio Massa è il tecnico di Rete ferroviaria italiana indagato insieme ad Andrea Gibin per la tragedia avvenuta in provincia di Torino. E proprio attorno a Massa che si concentrerebbero le analisi, specialmente sul fronte delle telefonate. Ce ne sarebbero tre in soli 26 minuti. In una emergerebbe l’ordine “di non procedere con i lavori“.
Il tecnico non avrebbe ricevuto alcuna autorizzazione, specialmente alla luce della richiesta telefonica di poter iniziare i controlli. A tal proposito, infatti, la sala di controllo della stazione di Chivasso avrebbe negato la richiesta a causa di un treno in ritardo. Lo schianto sarebbe avvenuto durante la diretta telefonica e le parole di Massa, tecnico visibilmente sconvolto. “Sono tutti morti, sono tutti morti“, ribadisce l’uomo.
Gli elementi al vaglio degli inquirenti sarebbero cinque registrazioni, indicate dalla Procura di Ivrea come dati in fase di accertamenti. Nel frattempo, invece, sono stati consegnati ai primi due indagati gli avvisi di garanzia: non si esclude che la questione possa essere estesa anche ad altre persone.
Entrambi gli indagati dovranno difendersi dalle accuse di omicidio plurimo e disastro ferroviario con eventuale dolo. Ma è proprio contro Massa che sui social starebbe montando una feroce polemica, con tanto di minacce di morte e insulti. L’uomo ha deciso di chiudere i profili social alla luce di quanto ricevuto dopo la pubblicazione del suo nome in qualità di persone iscritta nel registro degli indagati.
L’uomo parla dalla sua abitazione di Grugliasco e ha dichiarato di non voler rilasciare ulteriori commenti, ribadendo però di non riuscire a dormire senza farmaci. E proprio dalle ultime telefonate sarebbero emersi diversi elementi. Massa ha raccontato di vivere un momento semplice proprio a causa degli accertamenti che dovranno accertare cosa sia realmente accaduto prima dell’impatto.
“Allora, dobbiamo fare sto lavoro. Quando mi liberi la linea?“, si legge nelle registrazioni riportate dal Corriere della Sera. Inevitabile la risposta “aspetta non c’è ancora il via libera“. E anche da Chivasso sarebbe arrivata la comunicazione: “Non te l’ho ancora data l’autorizzazione“, ma purtroppo era già troppo tardi. “Quando è successo tutto ero al telefono con la collega di Rfi, stavo compilando i documenti“, ha spiegato Massa.
Nel frattempo proprio dalla stazione di Vercelli è partito un corteo silenzioso – organizzato da Cgil, Cisl e Uil – in seguito alla morte dei cinque operai travolti da un treno. All’evento hanno partecipato i parenti delle vittime con le fotografie degli operai morti. Comparso anche un striscione con la scritta “Non abbiamo più parole“, insieme ad altre scritte tipo “Mai più treni in transito e lavori in corso, non sono incidenti sono omicidi“.
Continuano intanto gli accertamenti dopo la morte degli operai Kevin Laganà, Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Giuseppe Saverio Lombardo e Giuseppe Aversa. Proprio dopo l’incidente, così come riportato dal Corriere della Sera, Massa avrebbe dichiarato: “Ho schiantato la vita di cinque persone“.
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