Il traforo del Monte Bianco chiuderà per diverse settimane, ma i lavori potrebbero durare circa 18-20 anni: le conseguenze e i motivi che ci sono dietro questa scelta.
Il prossimo 4 settembre alle ore 17 il traforo del Monte Bianco chiuderà al traffico: fino al successivo 18 dicembre 2023 non sarà possibile il passaggio dall’Italia verso la Francia e viceversa.
Si tratta di uno stop pari di circa quattro mesi, durante i quali saranno effettuati dei lavori in entrambi i tratti francesi e italiani, ma non mancano le polemiche. La società di gestione parla intanto di lavori inevitabili “a 60 anni dalla realizzazione che rendono il Bianco tra i primi grandi tunnel europei a intraprendere opere di risanamento profondo della struttura“, si legge.
Nel 2024 è previsto l’avvio di un cantiere – definito dagli esperti un test – dal costo complessivo di 50 milioni di euro. Dopo aver individuato la strategia lavorativa migliore, di conseguenza, si procederà con l’inizio dei lavori, ma ci sono diverse incognite. L’ipotesi è quella di una chiusura autunnale che potrebbe avvenire per i prossimi 18 anni.
Tutto questo significa un rifacimento del traforo e allo stesso tempo un danno economico da quantificare (certamente non di poco conto ndr). Tutto pronto per il primo giro di test di manutenzione, poi la chiusura per 15 settimane consecutive all’anno. Da un lato circa 18 anni di chiusure autunnali, dall’altro la denuncia di Confindustria che parla di “addio al 10% del Prodotto interno lordo“.
Intanto i lavori prevedono la rimozione da 25 a 40 centimetri di copertura, così da realizzare drenaggio acque, rifacendo anche elementi prefabbricati e resistenza al fuoco (per 100 anni). A ribadirlo è Riccardo Rigacci, direttore del gruppo Geie-Tmb, gestore del traforo. Ma c’è spazio anche per alcuni problemi evidenziati di recente.
“Due le criticità attuali: l’umidità e la presenza di amianto utilizzato sessant’anni fa per la costruzione di alcune canalette. Presenza che impatta sulle tempistiche del cantiere e sulle misure di protezione per gli operai. L’obiettivo resta quello di garantire lunga vita al tunnel”.
Nel frattempo in Valle d’Aosta cresce la preoccupazione per i lavori che riguarderanno circa 12 chilometri, con tanto di chiusure autunnali per almeno 18 anni consecutivi, imprevisti permettendo. Si tratta di 600 metri all’anno per 11,6 chilometri totali. Tutto questo significa lavori pari a 72 mesi consecutivi, ovvero 6 spalmati su 18 anni. L’allarme è stato lanciato dalla Confindustria valdostana, ma della stessa idea è anche la Confcommercio e Federalberghi.
Proprio questo stop porta la stima negativa del Pil regionale pari a -9,8%. A parlarne è Luigi Fosson, presidente di Federalberghi. “Tutte le attività da Aosta a Courmayeur sono direttamente colpite. Qui in molti hanno deciso di chiudere in questo periodo, perché senza il traforo tenere aperto vorrebbe dire non pagarsi le spese“, chiarisce Fosson.
Confindustria fa già la stima e parla di almeno 200 persone in cassa integrazione come possibile ricaduta, senza dimenticare la data ipotetica di fine lavori stimata nel 2040. Proprio per questo, infatti, l’Unione europea potrebbe vietare traffico di mezzi pesanti nei trafori con una sola canna di traffico, da qui le conseguenze sull’economia locale.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Renzo Testolin, presidente della Regione Valle d’Aosta, che ha parlato di una vicenda tutta da monitorare e valutare sul fronte economico, ambientale e socio-culturale. “Monitoriamo gli effetti di questo primo periodo per avere elementi utili ad orientare anche le scelte future“, ha spiegato il presidente valdostano.
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