Il minorenne accusato dello stupro di una giovane a Palermo ritorna in carcere: decisione stravolta per un motivo ben preciso. Cosa emerge dalle indagini e quali i sono i dettagli sulla violenza denunciata da una giovane siciliana.
Comunicava con l’esterno mentre si trovava in una comunità, vantandosi di quanto accaduto con le sue ammiratrici. Il presunto pentimento del giovane non sarebbe stato reale, da qui la decisione di revocare la restrizione della misura cautelare per R.P, minorenne accusato di aver partecipato allo stupro di Palermo.
Il minorenne non avrebbe quindi dato vita ad un motivato pentimento, da qui la decisione di tornare indietro sulla scelta presa in precedenza dagli inquirenti, ma sulla vicenda emerge un altro dettaglio sconcertante. L’unica cosa certa è il trasferimento dalla struttura di recupero all’istituto minorile Malaspina di Palermo.
La scoperta
Gli altri sei amici maggiorenni hanno intanto lasciato il carcere palermitano a causa di una serie di minacce giunte ai diretti interessati. Il pericolo degli altri detenuti – spesso restii ad episodi di violenza su donne e bambini – ha comportato l’esigenza di trasferirli altrove. I sei sono stati portati in altri istituti siciliani, precisamente in luoghi dove non potranno avere contatti fra loro, nonché in case circondariali più adeguate per la loro incolumità durante il periodo di detenzione.
A voler cambiare le cose è stata la procuratrice per i minori, Claudia Caramanna, che si è detta fin da subito molto contrariata circa la decisione di lasciarlo in comunità. Sta di fatto che il ragazzo ha ammesso di aver abusato della 19enne lo scorso 7 luglio nei pressi del Foro Italico, a Palermo. E sarebbe bastata soltanto l’ammissione, nel corso dell’interrogatorio di garanzia, per eliminare la detenzione in carcere.
Ma è con il cambio del giudice (al momento della decisione quello precedente è andato in ferie ndr) avrebbe dato spazio ad una nuova valutazione del tutto differente. E proprio su questo potrebbe concentrarsi la battaglia legale, da parte della difesa, dopo aver visionato le cinque pagine dell’ordinanza.
Sono nuovi gli elementi raccolti dalla gip Antonina Pardo, specialmente in seguito alla pubblicazione dei video su TikTok, specialmente alla luce dei video pubblicati dal giovane lo scorso 22 agosto. Il ragazzo in comunità avrebbe parlato sui social, così come mostrato anche su alcune chat, sequestrate al giovane il giorno dell’arresto.
I dubbi da chiarire
Gli inquirenti credono che a confezionare i filmati sia stato l’indagato, ma la vicenda sarebbe tutt’altro che chiarita. Alcuni esperti e gli utenti social parlano di video fake, con tanto di modifiche a distanza di anni, ma le indagini anche in questa ottica procedono senza sosta.
“Sto ricevendo tanti messaggi da ragazze, ragazze ma come faccio a uscire con tutte siete troppe. […] Ah volevo ringraziare a chi di continuo dice il mio nome, mi state facendo solo pubblicità“, spiega il giovane. Ma è proprio la condotta del giovane ad aver cambiato le carte in tavola. “Hanno avuto una valenza assolutamente strumentale volta unicamente a ottenere l’attenuazione della misura“, si legge nelle dichiarazioni del gip.
La scelta è cambiata in seguito ad un’analisi più approfondita dei messaggi e commenti in seguito allo stupro. Altri presunti autori del gesto avrebbero infatti inscenato un falso pentimento, precisamente dopo l’arresto e in seguito al racconto delle fasi di violenza. Proprio le dichiarazioni del giovane minorenne “hanno avuto una valenza assolutamente strumentale volta unicamente a ottenere l’attenuazione della misura“, continua la nota.
Cosa emerge dalle chat
Una serie di messaggi vocali, emersi in una chat con un altro presunto protagonista dello stupro, avrebbero confermato la recita dinanzi agli inquirenti. “Cumpà, l’ammazzammu!”, seguito da “Cumpà, ficimu un macello, n’addivertemma”.
“Dagli accertamenti compiuti sul telefono sequestrato al minorenne sono emersi contenuti, in special modo su TikTok. Tratteggiano la personalità di un giovane che, lungi dall’aver avviato un percorso di consapevolezza del gravissimo reato commesso, ha continuato a utilizzare il telefono cellulare per vantarsi delle sue gesta e per manifestare adesione a modelli comportamentali criminali“, conclude.