Terribile tragedia quella avvenuta alle terme di Cretone: bambino di otto anni morto e indagini contro ignoti per omicidio colposo. Il punto sulle indagini e le parole commoventi del padre di Stephan.
Stephan è il bambino di 8 anni deceduto durante la serata dello scorso giovedì 17 agosto alle terme di Cretone (Roma). La Procura di Tivoli ha sequestrato l’impianto e cercherà di capire come mai il piccolo si trovasse in acqua. Da chiarire la presenza di bambini e il rispetto delle procedure di sicurezza.
Anton è il padre del bambino morto risucchiato nello scarico. L’uomo di origine russa è residente in Italia con la famiglia ed è stato il primo di cinque a tuffarsi in acqua per tentare di salvare il piccolo.
L’uomo ha rilasciato alcuni commenti ai microfoni del Corriere della Sera per parlare della tragedia accaduta al piccolo Stephan e alla sua famiglia. Momenti tragici, quelli vissuti dopo l’allarme, ma tutto è risultato inutile. “L’acqua era torbida, non vedevo nulla, lo tiravo per le braccia ma non riuscivo a strapparlo a quel vortice“, ha spiegato l’uomo.
Il bambino è stato risucchiato per gran parte del corpo nel canale di scarico della piscina delle terme di Cretone, vicino Palombara Sabina, città distante una trentina di chilometri da Roma. Ed è stato proprio il padre del piccolo, affogato nella struttura turistica, a tuffarsi per primo nel tentativo di salvarlo.
Nel frattempo la Procura di Tivoli ha aperto un fascicolo con l’accusa di omicidio colposo contro ignoti. L’impianto è stato posto sotto sequestro e i carabinieri hanno dato il via alle ispezioni. L’obiettivo è chiaramente quello di verificare eventuali problemi sulla sicurezza.
Da comprendere se il condotto di deflusso avesse o meno una grata di protezione, poi l’esigenza di constatare la sua presenza. Inutile ogni tentativo di salvare Stephan: corpo incastrato all’interno dello scarico e allo stesso tempo schiacciato dalla pressione del processo di deflusso.
Proprio la famiglia del bambino si era trasferita in Italia da due anni, cercando di ricominciare proprio da qui, specialmente in seguito alla guerra scoppiata in Ucraina. Anton e Natalia, padre e madre del piccolo Stephan, sono originari di Vladivostok (Russia).
E proprio per questo erano giunto a Roma per stare insieme ai cognati Angelo e Daria. “I miei cognati sono devastati, come si fa a veder morire un figlio così? Stephan era bravissimo a nuotare, poteva capitare a chiunque“, spiega lo zio del piccolo.
Sono tre i punti al centro dell’inchiesta. Il primo riguarda i motivi della presenza del bambino in acqua, nonostante fosse in atto la procedura di svuotamento serale della vasca. Potrebbe essersi tuffato o caduto in piscina, proprio in quegli istanti. La seconda riguarda il rispetto delle norme di sicurezza, in primis aver avvisato i bagnanti di uscire dall’acqua, attendendo l’assenza di persone per poi dare il via al processo di svuotamento.
Il terzo dilemma è la presenza o meno di una grata di chiusura del bocchettone di scarico, un elemento non di poco conto. Da chiarire anche l’eventuale presenza del bagno al momento della tragedia. Si tratta di elementi al centro delle opportune verifiche del caso. Proprio la presunta assenza della chiusura del bocchettone potrebbe essere un elemento da approfondire per tutta una serie di motivi.
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