Matteo Berrettini, all’interno di una lunga intervista al Corriere della Sera, racconta i suoi momenti di difficoltà e un pensiero ricorrente.
Matteo Berrettini si racconta al Corriere della Sera. Il tennista va dritto al punto e parla dell’ultimo periodo. Non ingrana come al solito, i tempi d’oro sembrano lontani, ma la colpa non è dell’amore (come qualcuno ha erroneamente detto). Il punto è la condizione fisica. Il tennista parla degli infortuni ripetuti: “Il tennis ti porta dentro l’abisso e pensi che non abbia fine, questo sport ti insegna a perdere”.
“Io odio perdere, ma quello che più conta è riuscire a perfezionarsi. Migliorando la propria condizione fisica e mentale, anche gli insuccessi sono un’occasione di crescita“. Poi la possibilità di dire basta: “Ci ho pensato, ho detto ma perchè devo angustiarmi per le aspettative quando il mio corpo è ferito? La vita è una sola”.
Matteo Berrettini, lo spettro del ritiro e le paure del campione
Quella vita che Matteo ha deciso di riprendere in mano dopo un lungo percorso personale e condiviso. Il mental coach su questo è stato perentorio. Si è rimesso all’opera solo dopo aver scacciato i fantasmi del passato: “In questo ambiente è tutto più difficile. Un giorno sei sulla cresta dell’onda e quello dopo sul fondo. Non ho amicizie in questo ambito, tranne un legame. Quello con Sonego. Siamo coetanei e abbiamo iniziato insieme”.
Chi pensa che sia soltanto un fattore d’età si sbaglia: “Lui ha una sensibilità che nel tennis e non solo è cosa rara. Ha capito quando ero giù e mi ha fatto i complimenti quando sono ripartito”. Pochi amici, ma buoni, dunque. Berrettini e la racchetta ora sono di nuovo una cosa sola.
In attesa del Masters 1000 di Toronto. Vero banco di prova quando tutto – ma proprio tutto – sarà tornato alla normalità. Anche se, attualmente, motivi per sorridere ne ha più di qualcuno. Dentro e fuori dal campo.