Per l’omicidio di Thomas Bricca sono stati arrestati Roberto Toson e il figlio Mattia, colpevoli di aver ucciso il giovane 19enne di Alatri. Ma perché i due sono in carcere? Le altre accuse rimaste nell’ombra
Sono scattate le manette in famiglia Toson. Il padre Roberto e il figlio Mattia sono finiti in carcere con l’accusa di omicidio. Tutto è iniziato lo scorso 30 gennaio nel Frusinate quando, alla guidava del motorino T-Max quella sera c’era Roberto Toson. Dietro, in sella con lui, il figlio Mattia, colui che ha premuto il grilletto uccidendo Thomas Bricca per sbaglio, perché molto probabilmente l’intenzione era quella di colpire Omar Houdy, appartenente al gruppo criminale rivale dei Toson.
Uno scambio di persona dovuto allo stesso giubbotto bianco indossato da Omar e Thomas. Mesi di indagini da parte dei carabinieri di Frosinone ed ora i due sono in carcere. Padre e figlio sono stati aiutati da alcuni componenti della loro famiglia nella costruzione del falso alibi.
Roberto Toson e Mattia Toson saranno interrogati venerdì 21 luglio nel carcere di Civitavecchia. Con loro ci saranno i legali: Angelo Testa e Umberto Pappadia.
Subito dopo aver ucciso il 19enne Thomas Bricca, Mattia e il padre Roberto Toson vanno a costruirsi un alibi. Il figlio Mattia prende l’auto della fidanzata va a prenderla e insieme si presentano alla festa di compleanno sua e di Romeo Spada. Durante il tragitto la fidanzata di Toson sente dei rumori dal bagagliaio.
Quando Mattia scende dall’auto, lei apre il bagagliaio e nota un casco bianco. Poco prima dell’arrivo alla festa Roberto Toson videochiama il figlio. L’uomo, che è sottoposto alla sorveglianza speciale e deve essere in casa alle 21 per i controlli, si fa trovare in pigiama. Secondo gli investigatori la “scenetta” serviva per la costruzione del suo alibi.
Ma le indagini puntano subito sui due. La fidanzata di Mattia dopo aver lasciato il fidanzato alla festa va dai carabinieri e racconta quello che ha trovato. Anche a causa dello stesso Mattia che la contatta su Telegram dicendole di “guardare cosa c’è sotto lo sterzo dell’auto”. Un modo non capito della giovane, di dirle che la macchina era sotto controllo. Ma Beatrice pensa ci sia la pistola con cui è stato ucciso Thomas e presa dalla paura corre dagli inquirenti raccontando della conversazione con il fidanzato e quello che era successo quella sera.
Nelle indagini per l’omicidio di Bricca ci sono alcuni punti rimasti ancora all’oscuro. Uno riguarda l’arrivo in motorino di padre e figlio Toson nella piazza del centro storico di Alatri la sera del delitto. Secondo quanto riportato da alcuni testimoni il T-Max si presenta in piazzetta solo dopo qualche minuto dall’arrivo di Omar, come se sapessero quando intervenire.
I carabinieri nel corso delle indagini non hanno mai trovato né il motorino né la pistola seppur agli atti della Procura di Frosinone c’è la testimonianza di un amico di Mattia Toson, che dichiara che su Instagram l’indagato aveva pubblicato una foto che lo ritraeva su un motorino identico a quello descritto la sera dell’omicidio. La foto poi è stata cancellata in concomitanza con l’inizio delle indagini.
La fidanzata di Mattia, Beatrice, ha invece confermato di aver visto una pistola a tamburo identica a quella usata per freddare il 19enne nella camera del fidanzato. Infine, un ultimo punto in ombra è il movente. Sicuramente la causa scatenante del delitto sono le risse avvenute nei giorni precedenti la morte di Bricca causate, secondo l’accusa da sgarbi tra i due clan rivali in merito allo spaccio di cocaina di cui i Toson erano dediti. A confermare tale ipotesi ci sarebbero anche i 30 mila euro di Mattia Toson. A tenere i suoi soldi era però la fidanzata ma il giorno dell’omicidio Mattia glieli ha chiesti salvo poi cambiare idea e lasciarglieli. Proprio il predominio sul territorio sarebbe alla base dei contrasti tra i due clan.
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