Davide Fontana è stato condannato a 30 anni di carcere per il delitto di Carol Maltesi. Perché l’uomo accusato del femminicidio non ha ricevuto l’ergastolo. Tutti i dettagli e le motivazioni della sentenza.
Il banciario di Rescaldina uccise a gennaio 2022 Carol Maltesi durante le riprese di un video hard amatoriale per poi farne a pezzi il corpo e occultarlo. Davide Fontana è stato condannato a 30 anni di carcere: dopo un mese arrivano le motivazioni della sentenza che ha destato molte polemiche.
L’uomo è stato riconosciuto dai periti come persona sana di mente, ma per i giudici “lei giovane e disinibita, lui innamorato perdutamente“. Con questa motivazione, infatti, i giudici lo hanno condannato a 30 anni anziché all’ergastolo, cosa invece chiesta da pm e parti civili. Fontana uccise la 26enne poiché si stava per trasferire con il figlio di 6 anni a Verona.
Le motivazioni della sentenza
Secondo il Tribunale di Busto Arsizio, Fontana non avrebbe agito con premeditazione e nemmeno con crudeltà durante le riprese del filmato nella casa di Rescaldina, paese vicino Legnano. L’uomo avrebbe colpito la 26enne con diverse martellate, poi sgozzata, sezionando il cadavere della donna e infine nascosto il corpo della 26enne in un freezer ordinato in Rete.
Avrebbe tentato senza successo di bruciare i resti nel barbecue, gettandoli soltanto in seguito all’interno di un burrone nella provincia di Brescia. A scoprirli sarebbe stato un passante, da quel momento in poi l’avvio delle indagini e le varie scoperte di natura investigativa.
Il movente del delitto è stato ricostruito nelle motivazioni della sentenza, ma lo scorso 12 giugno la condanna a 30 anni di carcere ha aumentato le polemiche. “L’uomo si rese conto che ormai, dopo averla in qualche misura usata, Maltesi si stava allontanando da lui, scaricandolo. L’idea di perdere i contatti stabili con colei che egli, per sua stessa ammissione e secondo l’amica testimone, amava perdutamente, da cui sostanzialmente dipendeva poiché gli aveva permesso di vincere la sostanziale solitudine in cui si consumava in precedenza e di vivere in modo finalmente diverso e gratificante, si è rivelata insopportabile“, si legge nelle motivazioni della sentenza.
Il movente
Fontana avrebbe nascosto per quasi tre mesi quanto compiuto, spacciandosi per la vittima sui social e al telefono della 26enne, rassicurando sempre parenti e amici via social o Whatsapp. Avrebbe scritto di essere in viaggio per lavoro a Dubai e che a breve sarebbe tornata in Italia. Una messinscena per un movente che fa la spola ad un femminicidio cruento di cui è accusato il 44enne.
La Corte d’Assise ha ribadito alcuni motivi che potrebbero esserci dietro l’azione omicida. “A spingere l’imputato non fu la gelosia ma la consapevolezza di aver perso la donna amata, accompagnata dal senso di crescente frustrazione per essere stato da lei usato e messo da parte“, si legge.
E proprio il movente “non può essere considerato abietto o futile in senso tecnico-giuridico“, spiegano i giudici che hanno di fatto escluso la premeditazione. Una scelta vagliata e magari covata nel tempo, ma comunque sia “conseguenza di condotta voluta dall’imputato sorretta da dolo diretto se non da dolo intenzionale. Non fu conseguenza di premeditazione“, conclude.