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Cronaca

Mafia, 5 insospettabili in combutta con i boss palermitani. Nuovo colpo a Cosa nostra

Published by
Maria Teresa Bianco

La mafia a Palermo non cessa di percorrere le vie della città. Nell’ultima operazione della Polizia e della magistratura sono 5 le persone ritenute insospettabili collusi con i boss e arrestate. Con loro in manette altre 13 persone 

Il desiderio spasmodico e irrefrenabile di Cosa Nostra continua ad attraversare la città Palermitana. Nell’ultima indagine eseguita dalla polizia e dalla magistratura spuntano nomi impensabili, apparentemente estranei alla mafia. Sì, gente nota in città ma insospettabile.

Mafia, i 5 insospettabili arrestati dalla Polizia vicini ai boss di Cosa Nostra. L’indagine e i 18 arresti a Palermo (ansa) free.it

Ed è proprio questa la “forza” dei capomafia, infilarsi tra persone ritenute “pulite” ma che raschiando un po’ la superficie il marcio esce a galla. E’ il caso dei 5 insospettabili come il notaio Sergio Tripodo il quale avrebbe cercato i boss di Resuttana per liberare alcuni appartamenti che aveva appena acquistato.

Ma nella lista c’è anche il commercialista Giuseppe Mesia che il giorno della scarcerazione del boss Salvatore Genova a Milano, lo abbracciò con affetto. Oggi, è accusato di essere la mente del clan. Tra i nomi spicca anche quello del noto imprenditore di una catena di negozi per calzature, Giovanni Quartararo. A lui vengono contestati gli incontri organizzati per il boss.

Mafia, i 5 insospettabili affiliati con Cosa Nostra

Tra i cinque nomi spunta anche quello di un altro imprenditore, anch’esso come gli altri tre citati precedentemente, molto noto in città. Lui è Benedetto Alerio, gestore delle pollerie Savoca, ritenuto espressione del clan. Infine, in manette è finito questa mattina all’alba anche l’imprenditore edile Agostino Affatigato: l’ambasciatore del clan.

Palermo, la mafia mischiata con notai, imprenditori e commericalisti: i 5 nomi insospettabili erano la mente e il braccio dei boss di Cosa Nostra – free.it
L’inchiesta coordinata dalla procura di Palermo diretta da Maurizio de Lucia e portata avanti dalla Squadra mobile diretta da Marco Basile e della sezione investigativa dello Sco, (Sisco) ha portato all’arresto ben 18 persone. Le intercettazioni, come riporta la Repubblica, hanno scoperchiato il vaso di Pandora portando alla luce la nuova organizzazione del clan dopo la scarcerazione di Salvo Genova avvenuta nel 2019.
Il notaio Sergio Tripodo è agli arresti domiciliari mentre gli altri quattro insospettabili e i boss sono in carcere. In particolare, il notaio è accusato di tentata estorsione aggravata, il commercialista Mesia e l’imprenditore Alerio sono accusati di associazione mafiosa. Mentre gli altri due, Quartararo di concorso esterno in associazione mafiosa e Affatigato di tentata estorsione aggravata.

La collaborazione della “borghesia mafiosa”

Il questore di Palermo Lepoldo Laricchia come riporta il quotidiano, racconta che: “L’aspetto più rilevante dell’indagine consiste nell’aver portato alla luce la collaborazione alle attività criminali di professionisti, la cosiddetta borghesia mafiosa, che non ha esitato a mettere a disposizione le proprie competenze a vantaggio di Cosa nostra. Ulteriore infiltrazione nell’economia si è realizzata mediante imprenditori della ristorazione che hanno a tutti gli effetti costituito una vera e propria impresa mafiosa insieme con il reggente del mandamento, con grave alterazione della concorrenza e della libertà di iniziativa”.

Mafia i 5 nomi della borghesia mafiosa di Palermo (ansa) free.it

Per tale motivazione sono state sequestrate preventivamente anche le società che facevano capo ai fratelli Alerio come l’antica polleria Savoca, ritenuta completamente sotto il controllo del capomafia Resuttana. L’obiettivo dei clan erano sempre gli affari illeciti. Imponevano le estorsioni, prendendo di mira soprattutto le ditte di pompe funebri che operano nei dintorni dell’ospedale Villa Sofia.

Quello che è emerso dall’inchiesta coordinata dai pm aggiunti Paolo Guido, Marzia Sabella e dai sostituti procuratori Giovanni Antoci e Giorgia Righi è la “venerazione” dei clan verso il boss Genova. Di lui dicevano: “Lui è il tutto. E’ una città”.

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