La mafia a Palermo non cessa di percorrere le vie della città. Nell’ultima operazione della Polizia e della magistratura sono 5 le persone ritenute insospettabili collusi con i boss e arrestate. Con loro in manette altre 13 persone
Il desiderio spasmodico e irrefrenabile di Cosa Nostra continua ad attraversare la città Palermitana. Nell’ultima indagine eseguita dalla polizia e dalla magistratura spuntano nomi impensabili, apparentemente estranei alla mafia. Sì, gente nota in città ma insospettabile.
Ed è proprio questa la “forza” dei capomafia, infilarsi tra persone ritenute “pulite” ma che raschiando un po’ la superficie il marcio esce a galla. E’ il caso dei 5 insospettabili come il notaio Sergio Tripodo il quale avrebbe cercato i boss di Resuttana per liberare alcuni appartamenti che aveva appena acquistato.
Ma nella lista c’è anche il commercialista Giuseppe Mesia che il giorno della scarcerazione del boss Salvatore Genova a Milano, lo abbracciò con affetto. Oggi, è accusato di essere la mente del clan. Tra i nomi spicca anche quello del noto imprenditore di una catena di negozi per calzature, Giovanni Quartararo. A lui vengono contestati gli incontri organizzati per il boss.
Tra i cinque nomi spunta anche quello di un altro imprenditore, anch’esso come gli altri tre citati precedentemente, molto noto in città. Lui è Benedetto Alerio, gestore delle pollerie Savoca, ritenuto espressione del clan. Infine, in manette è finito questa mattina all’alba anche l’imprenditore edile Agostino Affatigato: l’ambasciatore del clan.
Il questore di Palermo Lepoldo Laricchia come riporta il quotidiano, racconta che: “L’aspetto più rilevante dell’indagine consiste nell’aver portato alla luce la collaborazione alle attività criminali di professionisti, la cosiddetta borghesia mafiosa, che non ha esitato a mettere a disposizione le proprie competenze a vantaggio di Cosa nostra. Ulteriore infiltrazione nell’economia si è realizzata mediante imprenditori della ristorazione che hanno a tutti gli effetti costituito una vera e propria impresa mafiosa insieme con il reggente del mandamento, con grave alterazione della concorrenza e della libertà di iniziativa”.
Per tale motivazione sono state sequestrate preventivamente anche le società che facevano capo ai fratelli Alerio come l’antica polleria Savoca, ritenuta completamente sotto il controllo del capomafia Resuttana. L’obiettivo dei clan erano sempre gli affari illeciti. Imponevano le estorsioni, prendendo di mira soprattutto le ditte di pompe funebri che operano nei dintorni dell’ospedale Villa Sofia.
Quello che è emerso dall’inchiesta coordinata dai pm aggiunti Paolo Guido, Marzia Sabella e dai sostituti procuratori Giovanni Antoci e Giorgia Righi è la “venerazione” dei clan verso il boss Genova. Di lui dicevano: “Lui è il tutto. E’ una città”.
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