L’ultima battaglia è quella sul salario minimo: le opposizioni incalzano con una proposta di Legge, firmano tutti tranne Renzi. Gli scenari.
Il “patto dell’ascensore” – così è stato soprannominato – tra Schlein e Calenda prosegue. Il punto è uno ed è chiaro: il salario minimo. Questo è il fronte comune delle opposizioni, nonché nervo scoperto dove gli avversari politici di Giorgia Meloni vogliono battere perchè direttamente collegato ad altri due temi: fisco e lavoro con riforme in stallo.
Il Reddito di Cittadinanza non esiste più e questo fa unire i Cinque Stelle al dissenso, dato che il loro cavallo di battaglia è finito nel dimenticatoio facendo posto all’Assegno d’Inclusione: la distinzione tra occupabili e non occupabili piace poco, anzi per niente. Allora Schlein intende riunire tutti gli oppositori sotto un’unica ala.
Salario minimo, l’opposizione fa quadrato: Renzi dice no
Una proposta di Legge in comune per fronteggiare la “deriva” – questo pensano al di là del sovranismo – che stanno prendendo determinate politiche sociali. Tutti d’accordo (compresi Richetti, Bonelli, Magi e Fratoianni) o quasi. A storcere il naso è Matteo Renzi: l’unico all’opposizione che si distoglie dall’idea di fronteggiare in maniera univoca Giorgia Meloni sul tema salariale e non solo.
Il leader di Italia Viva lo ribadisce a gran voce in una nota: “Il fatto di essere all’opposizione del Governo Meloni non significa essere in una coalizione alternativa”. Distanze che gelano ulteriormente i rapporti con Calenda. Quello che era il Terzo Polo ormai è solo un ricordo: ci sono soltanto tensioni e continue frecciatine.
Forza Italia prova a cavalcare la frattura
In tal senso gongola Forza Italia che, dopo Berlusconi, spera di colmare questo “vuoto istituzionale” per riprendere consensi. Lo conferma Licia Ronzulli – Capogruppo dei senatori forzisti – che dice: “Altro che Terzo Polo, Renzi e Calenda sono fratelli coltelli”. Lo strappo è chiaro, nel frattempo la proposta di Legge degli oppositori prosegue e si basa su una soglia minima salariale a 9 euro l’ora e maggiori tutele per i lavoratori autonomi.
Inoltre si chiede una maggior considerazione per la rimodulazione dei contratti in scadenza. Il lavoro – politico e legislativo – non si ferma: quel che è certo, però, è l’allontanamento di Renzi. Questa “scissione” segna una spaccatura difficile da sanare: era nell’aria, ma ora prende concretamente forma. I nuovi equilibri della politica ruotano (ancora una volta) attorno al suo ruolo: un tempo determinante per gli equilibri di Governo, ora per quelli di opposizione.