L’Assegno d’Inclusione entrerà in vigore dal 1° gennaio 2024 e sostituirà il Reddito di Cittadinanza: i nuovi criteri.
L’inizio del 2024 sarà caratterizzato da una novità fondamentale: non ci sarà più il Reddito di Cittadinanza, il provvedimento è stato soppiantato da quello che prenderà il nome di Assegno d’Inclusione. La decisione è stata presa dal Governo Meloni, questo era uno dei suoi cavalli di battaglia in campagna elettorale ed è diventata garanzia con l’insediamento dell’Esecutivo.
Rispetto a prima cambia la durata (18 mesi consecutivi) e l’elargizione dell’importo. La distinzione fra occupabili e non occupabili è netta: quasi 800 euro ai secondi, comprese anche le persone con disabilità e chi ha avuto un infortunio sul lavoro e poco più della metà ai secondi. Il punto, però, resta in merito alle 260mila famiglie che restano fuori dalla graduatoria.
Assegno d’Inclusione, le nuove specifiche
Come funziona: avere l’Assegno d’Inclusione vuol dire percepire 9360 euro di reddito. Una cifra che sicuramente ingloba numerose persone, ma non abbastanza. Le altre, che percepiscono redditi ugualmente bassi, ma poco più alti di questo, restano fuori e dovranno affrontare il mercato del lavoro senza alcun tipo di sostegno. Percepire il sostegno vuol dire anche essere residenti in Italia da almeno 5 anni, ma ci sono ulteriori specifiche da tener presenti rispetto alla durata e alla ricerca di un impiego.
Nella fattispecie all’interno dei 18 mesi consecutivi occorre necessariamente accettare una proposta di lavoro fra le offerte derivanti, in questo i collocamenti saranno parte attiva: l’enigma che però attanaglia le opposizioni è che tra le offerte possibili sono stati annoverati anche i contratti mensili. Questo significa un aumento dei posti di lavoro sul piano stagionale, mentre a lungo termine c’è ancora il vuoto.
Come cambia la politica del lavoro
Un’assenza che consente di lavorare nel breve periodo dando adito alla possibile sospensione del provvedimento. Finito l’incarico di lavoro dovrebbe scattare la disoccupazione, ma nel frattempo che si riformulano le procedure per il rilascio dell’Assegno trascorre un limbo che non giova a chi deve affrontare la precarietà.
Le scadenze, purtroppo, non aspettano: in tal senso Meloni è stata chiara che si farà di tutto per evitare che ci siano falle nel sistema. Le prime risposte arriveranno da settembre, quando la macchina organizzativa si metterà in moto. Da gennaio, appena partirà il provvedimento, i feedback daranno l’esito finale su una tematica controversa.
A quel punto si dovrà stabilire soltanto in che maniera ripartire: se i dubbi saranno maggiori delle certezze, servirà una fase di studio. Altrimenti si procederà con il prospetto indicato cercando di trovare una sistemazione a quei 260.000 che aspettano ancora una risposta concreta in grado di andare ben oltre i propositi.