Yevgeny Prigozhin ha minacciato una marcia militare da Rostov sul Don direzione Mosca, ma alla fine il Gruppo Wagner si è ritirato a meno di 300 chilometri dalla capitale: bluff o scelta ben precisa?
Il Gruppo Wagner, guidato da Yevgeny Prigozhin, alla fine ha desistito e scelto di non affrontare uno scontro armato con l’esercito russo. La possibile marcia su Mosca è diventato motivo di ribalta mediatica e di un eco che ha raggiunto il mondo intero.
La possibile guerra civile in Russia ha fatto tremare i vertici della polizia nazionale, ma alcuni esperti non avrebbero comunque escluso l’ipotesi di un bluff orchestrato dal famoso “cuoco di Putin”.
Proprio Prizoghin sarebbe stato messo in difficoltà con un decreto ad hoc per l’arruolamento dei mercenari nelle forze armati della Russia. Una scelta approvata da Shoigu e Gerasimov che avrebbe scatenato l’ira del capo della Wagner, da qui la scelta di opporsi. E se da un lato il tentativo era quello di cercare sostegno da esercito e oligarchi, dall’altro l’ipotesi è quella di una possibile condanna a morte.
Tutto è ancora in alto mare e potrebbe cambiare, sempre secondo alcune fonti locali, con un possibile attacco di forza in Ucraina. Ma non finisce qui però perché il tentato colpo di Stato potrebbe comunque provocare uno scossone per i vertici militari.
Sempre l’Istituto per gli studi sulla guerra ha parlato del Gruppo Wagner con la prima colonna che si sarebbe mossa direzione Mosca con 350 equipaggiamenti. Il centro studi statunitense si occupa da tempo di conflitti e ha parlato di nove carri armati, lanciarazzi Grad, un obice e quattro veicoli da combattimento Tiger pronti a dirigersi verso la capital.
Fonti russe, citate dall’Isw, avrebbero parlato di un numero di equipaggiamento importante, con tanto anche di camion non blindati, vetture e autobus. Nonostante il plotone pronto all’assalto, però, alcune notizie ribadiscono come Prigozhin avrebbe incontrato non poche difficoltà ad occupare Mosca, così come a condurre uno scontro armati con le forze militari della capitale.
E proprio secondo il report, inoltre, il capo della Wagner si sarebbe reso disponibile a trattare con Lukashenko, presidente della Bielorussia, durante il trasferimento delle forze armate verso Mosca. Proprio in quel frangente, di conseguenza, avrebbe compreso di non avere tempo per ottenere un importante e cospicuo sostegno militare, così da ricevere sostegno per un probabile conflitto con l’esercito russo.
Prigozhin si sarebbe atteso più di qualche aiuto dall’esterno, ma in tal senso neanche gli Stati Uniti avrebbero mosso un dito per sbloccare la situazione. Una riunione sulle mosse del capo della Wagner si sarebbe tenuta negli USA lo scorso 22 giugno, qualche giorno prima della rivolta.
A tal proposito è intervenuto l’ambasciatore italiano a Mosca (per 4 anni ndr), Pasquale Terracciano, che ha parlato al Messaggero delle strategie della Wagner. “Putin, che non reagirà subito, vorrà saldare il conto. Prigozhin potrebbe cadere da un quinto piano o mangiare del cibo avariato. Una volta il portavoce Peskov mi disse che stavano pensando a come sostituirlo“, ribadisce Terracciano.
Le mosse politiche vanno di pari passo con possibili scossoni in ottica politica. “Putin deve procedere con prudenza. Shoigu è uno dei siloviki. Decapitarlo potrebbe essere destabilizzante“. Sarebbero intanto 44 i milioni di euro di cui La Stampa parla, contanti trovati negli uffici della Wagner a San Pietroburgo.
Si tratterebbe di denaro guadagnati dalle attività dei mercenari nel Donbass, in Siria e anche in Africa. Per gli esperti ciò significa una sola cosa: Prigozhin avrebbe tutte le prove delle operazioni decise dal Cremlino, una mina vagante troppo rischiosa.
Si parla infatti di un tentativo di golpe probabilmente partito anche dopo una serie di affari non andati a buon fine. Fonti russe parlano infatti delle autorità di San Pietroburgo che avrebbero vietato alla figlia del capo della Wagner un terreno tanto desiderato, da qui l’ipotesi di una rivolta, al momento però si resta nel campo delle possibilità.
Ma in questo caso emerge anche l’ipotesi di un esaurimento dei finanziamenti, da parte del ministero della Difesa, da cui sarebbe partita l’idea di un possibile attacco contro il sistema. E per questo l’ipotesi di uno scontro per gli appalti (termine contratto della Konkord per i pasti ai militari) sarebbe un’altra ipotesi da vagliare.
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