Le posizioni di Giuseppe Conte e Roberto Speranza sono state archiviate: la decisione del Tribunale dei ministri arriva dopo le indagini sulla gestione della prima fase della pandemia nella provincia di Bergamo.
Giuseppe Conte e Roberto Speranza sono stati all’epoca dei fatti presidente del Consiglio e ministro della Salute, ora però il Tribunale dei ministri ha archiviato le rispetti posizioni per una vicenda in particolare.
Fonti giudiziarie parlano di archiviazione per l’indagine sulla gestione della prima fase di pandemia nella provincia di Bergamo. Accolta la richiesta della Procura di Brescia dopo l’odierna camera di consiglio.
La vicenda
Speranza e Conte erano accusati di omicidio colposo ed epidemia colposa, una vicenda che aveva aumentato le polemiche a distanza di anni. La gestione della pandemia da Covid-19. I giudici hanno accolto la richiesta dei due esponenti politici perché “il fatto non sussiste“.
Di fatto è stata seguita la linea della Procura di Brescia che aveva sollevato tutta una serie di motivazioni per smontare l’impianto accusatorio mosso dai colleghi di Bergamo.
“Non è configurabile il reato di epidemia colposa in forma omissiva in quanto la norma in questione abbraccia la sola condotta di chi per dolo o per colpa diffonde germi patogenie. La responsabilità per omesso impedimento di un evento che si aveva l’obbligo giuridico di impedire risulta incompatibile con la natura giuridica del reato di epidemia“, si legge in un estratto delle 29 pagine d’archiviazione di Conte e Speranza.
Archiviata anche la posizione dell’ex ministro Speranza. A tal riguardo, infatti, il Tribunale di Brescia ha ribadito che “omissioni e ritardi descritti dalla nota di trasmissione della Procura di Bergamo riguardano attività amministrative, distinte dalle funzioni ministeriali di indirizzo politico amministrativo, di esclusiva pertinenza del Segretario generale del Ministero della Salute e delle Direzioni generali“, continua.
La posizione su Conte e Speranza
Secondo le motivazioni, infatti, all’allora ministro della Salute sarebbe stata preclusa qualsiasi “ingerenza nello svolgimento di tali attività“. Di conseguenza, quindi non è stata ravvisata “alcuna interferenza del ministro nell’attività degli organi burocratici ai quali spettava la funzione di amministrazione attiva“.
All’ex premier era stata contestata dalla Procura di Bergamo la mancata zona rossa istituita ad Alzano e Nembro, entrambe cittadine della Bergamasca. Non essendo stato informato sulla situazione dei due comuni, prima del 2 marzo 2020, lo avrebbe potuto fare soltanto il giorno stesso. Proprio per questo, di conseguenza, “si tratta, evidentemente, di ipotesi irragionevole“.
L’ipotesi in questione, infatti, “non tiene conto della necessità per il Presidente del Consiglio di valutare e contemperare i diritti costituzionali coinvolti e incisi dall’istituzione della zona rossa. Ed infatti l’istituzione della zona rossa comporta il sacrificio di diritti costituzionali quali il diritto al lavoro, il diritto di circolazione, il diritto di riunione, l’esercizio del diritto di culto“, si legge.
I giudici spiegano come manchi agli atti la prova che le 57 persone indicate siano decedute per la mancata zona rossa ad Alzano Lombardo e Nembro.
Non c’è correlazione fra vittime e mancata zona rossa
Al contempo mancherebbe anche la corrispondenza fra le vittime dei due comuni e il possibile calcolo fra le “4.148 morti in eccesso che non ci sarebbero state se fosse stata attivata la zona rossa“, scrivono i giudici.
Una vicenda intricata al cui centro sono entrate le migliaia di vittime causate dal Covid durante la prima fase della pandemia. “La notizia di reato, per entrambi gli indagati, è totalmente infondata“, si legge nelle motivazioni che hanno accolto la richiesta di archiviazione.