Emilia Romagna nel caos, l’alluvione sta portando via certezze a una regione colpita al cuore: il problema sta nelle opere, troppo spreco.
Si poteva prevedere e non è stato fatto. Il rimorso più grande è che si poteva evitare: ogni riferimento non è puramente casuale rispetto a quello che sta succedendo in Emilia Romagna. Una regione che ora si ritrova a dover rimettere insieme i pezzi, quando sarebbe bastato non perderli.
Il punto sono i numeri, impietosi che sottolineano come l’ultimo alluvione non sia frutto del maltempo ma della crisi climatica. La causa principale di queste calamità naturali è la mala gestione dei fondi. Il trattamento dei fiumi (e non solo) va fatto attraverso opere di riqualificazione ben precise che si devono attuare periodicamente.
Emilia Romagna, quanti rimpianti: i costi della negligenza
In estate, ma soprattutto quando le condizioni lo consentono. Proprio per evitare gli sbalzi ai primi sintomi di pioggia. Se esondano i fiumi succede quanto abbiamo visto, a meno che non ci sia una politica definita di riassestamento. Un budget da 8 miliardi era stato stanziato, ma Rendis dimostra che ogni opera o quasi è rimasta a metà: un flop da 4 miliardi e mezzo più altri 3,5 erogati successivamente che sono stati mal gestiti o addirittura spesi per altro.
Il salvadanaio adesso piange e toccherà al PNRR rimettere in sesto le cose, ma davvero. Senza esitazione, perchè un altro treno – per usare una metafora percorribile – potrebbe non ripassare. L’angoscia è tanta, così come gli interrogativi. Bonaccini, Presidente della Regione, chiama a raccolta le forze politiche per un piano davvero credibile.
Il tempo non c’è, ma è possibile – anzi, doveroso – cercare di muoversi in fretta. Anche per ridare una speranza a chi non ce l’ha più e cercare di prevenire altri smottamenti. Ridurre tutto, semplicemente, alla calamità significa essere miopi. L’Emilia, come il resto d’Italia, non possono permetterselo più.