Novak Djokovic torna a parlare del trattamento ricevuto in tempi di pandemia. Il tennista racconta la sua versione ad Aldo Cazzullo.
Djokovic e i vaccini. Non è ancora finita. Il tennista vive in uno spartiacque perenne anche se la pandemia è ormai alle spalle. La scelta di non vaccinarsi porta delle conseguenze che il campione non ha digerito: sotto gli occhi di tutti la sua crociata. Tornei disertati, entrate al confine con la forza, fin quando non è stato trattato in maniera perentoria.
Condotta che gli è costata anche alcune macchie su un Curriculum impeccabile. Il numero uno al mondo piegato dalla negligenza. “È una mia libera scelta”, ha sempre detto lui. Poi quel paragone del padre con Gesù Cristo sulla croce. Troppo anche per i più morigerati. Così Djokovic è stato per qualche tempo estromesso dal dibattito pubblico in merito a vaccini e scienza.
La sua credibilità era difesa soltanto da No Vax e negazionisti, per il resto gli è stata fatta terra bruciata – per lui che era abituato alla terra rossa – intorno. Una serie di circostanze hanno portato a chiarire che nessuno ce l’aveva con lui perchè non fosse vaccinato, ma perchè – nonostante questa scelta – volesse trasgredire le regole vigenti di allora.
Come se per lui i parametri degli altri atleti non contassero. Questo ha cercato di chiarire Aldo Cazzullo, giornalista che l’ha intervistato sul Corriere della Sera, nella lunga chiacchierata è emerso che il tennista si sarebbe sentito come un “capro espiatorio”. “Cercavano qualcuno da attaccare e hanno trovato me”.
Una tesi che molti faticano a condividere, ma ora Djokovic pensa solo agli impegni sportivi. Gli Internazionali di tennis impongono determinate priorità, ma non c’è solo questo. Il campione, infatti, chiarisce: “Non sono mai stato No Vax. Sono semmai pro-choice, a favore della libertà di scelta delle singole persone”.
La privazione degli eventi sportivi, però, non era fatta in relazione agli ideali, ma in base al fatto che senza vaccino l’ingresso alle competizioni sportive pubbliche era vietato a tutti. Non solo al tennista. In tempo di Covid c’era un’altra rigidità, forse è proprio questo che non è andato giù al tennista. Tutto sarà consegnato alla storia, esattamente come i suoi trionfi. Ogni atleta ha un prima e un dopo: Novak Djokovic, in pandemia, ha vissuto questa condizione anticipatamente. Una consapevolezza che, forse, avrebbe preferito posticipare.
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