Il taglio del cuneo fiscale dovrebbe essere operativo. Nel DL Lavoro è stato messo come una priorità: cosa cambia negli importi.
Il taglio del cuneo fiscale ci sarà. Questo assicura Giorgia Meloni che già nel Decreto Lavoro aveva sancito questa necessità per permettere la sforbiciata ai meno abbienti. In modo tale che il ritocco sugli importi di reddito fosse sostanziale e immediato: 108 euro. Un primo passo per ripartire. Il punto è come gestire gli esuberi.
Ovvero i tagli che andranno fatti rispetto ai punti percentuale che andranno a colpire i redditi fino a 3000 euro. Nel senso che se c’è un aumento del 7% circa, poi lo stesso quantitativo andrà applicato in maniera decrescente agli altri tipi di salario. Questo fino a 30mila euro. In modo tale che chiunque possa ricevere la somma stabilità con qualche incentivo rinnovato.
Le priorità non cambiano: deve cambiare l’approccio. L’abbattimento della ritenuta contributiva a carico dei dipendenti è la soglia entro cui spingersi per snellire un meccanismo già presente. In pratica non si va ad aggiungere – è questo su cui punta il Governo Meloni – ma a snellire qualcosa che era già presente ma veniva elargito in minima parte a causa degli oneri sui pagamenti. Un introito maggiore a fronte di meno obblighi.
Questo potrebbe cercare di risollevare le sorti dei contribuenti: in particolare quelli al minimo sindacale con stipendi appena sopra la soglia di povertà. Grande preoccupazione rispetto alle ripercussioni di una mossa simile: dall’Europa temono che per dare oggi poi non ci sia sufficiente liquidità domani.
Il timore sul PIL è stato già espresso precedentemente dal Fondo monetario, ma in Italia si tiene la barra dritta: le proteste dei sindacati restano una questione di politica interna che non sempre giova, la Meloni è determinata ad andare avanti. Lo snodo più impegnativo sono i banchi di prova dei mesi che verranno, come le hanno ricordato lo scorso 9 maggio.
La “lente d’ingrandimento” dell’UE è sempre vigile, anche se con qualche sicurezza in più dopo le specifiche diramate a Giorgetti e Salvini (il quale ha voce in capitolo sulle tasse autostradali) non senza polemiche. È una questione di equilibri, all’estero e in Italia, non sempre così scontati.
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