Preoccupazione per la vendita online del kit per il suicido in arrivo dal Canada. La testimonianza della sorella di una vittima italiana: il racconto di Marta.
Suo fratello Marco ha perso la vita il 21 ottobre 2021, dopo due giorni la scoperta dell’uomo che lavorava come rider morto a causa del kit per il suicidio. Il prodotto è stato acquistato online e proveniva direttamente dal Canada.
Si tratta dello stesso acquisto effettuato da altre persone in Italia e che ha portato all’arresto di Kenneth Law, chef di Toronto, indicato dalla polizia canadese come responsabile della vendita di oltre mille kit.
Marta ha deciso di voler fare luce sul caso del fratello e ha scelto un avvocato per avviare tutto l’iter. La donna ne ha parlato al quotidiano Repubblica, con tanto di racconto sulla vita di Marco. Tifoso della Roma, appassionato di cinema, delle interpretazioni di Gigi Proietti e della musica latino-americana.
“Era un ragazzo sensibile e responsabile, molto attaccato alla famiglia. […] Lavorava da quando aveva 20 anni come rider. Il suo sogno era quello di aprire un’attività insieme ai suoi amici, ma tutto è cambiato con l’inizio della pandemia“, spiega la donna.
La sorella ha raccontato di un uomo che lavorava sempre e allo stesso tempo triste e chiuso in se stesso. Un ritorno della depressione talmente forte da non riuscire a gestirla, poi la scelta di acquistare il kit. “Utilizzavano messaggi promozionali per vendere il kit come fosse un elettrodomestico, scrivevano ‘Soddisfatti o rimborsati, ma non ci sarà bisogno di rimborso visto che l’esito è garantito!’“, ribadisce la donna che ha perso due anni fa il fratello.
Marta non si è però data per vinta e in seguito alla scomparsa di Marco ha deciso di setacciare il computer di suo fratello, scoprendo delle email sconvolgenti. “Improvvisamente provavo lo sconforto più totale, una forte compassione per mio fratello. Lui soffriva e loro si rivolgevano a lui con vezzeggiativi come carissimo e con modi da amico che ti comprende ed è pronto a sostenerti. Ero inorridita e spaventata. Fatico a concepire che possa esistere tanta malvagità“, spiega.
Marta è inevitabilmente sconvolta da quanto scoperto. La vendita dei kit, con tanto di messaggi promozionali, non presenterebbe infatti alcuna differenza con altri prodotti d’acquisto. Fatto sta che, però, si tratta in questo caso di prodotti che causano la morte, in questo caso specifico quella di Marco. La Procura intanto indaga e cerca di risalire ai responsabili.
“Spero che trovino le persone che hanno approfittato in modo così ignobile della sofferenza di mio fratello per vendergli la morte. Mi auguro che si ponga rimedio alla totale mancanza di controllo sul web. Quello di mio fratello non è un caso isolato, stiamo vivendo una pagina difficile della nostra storia sociale e i più fragili sono i giovani. Chi vive lo stesso disagio di mio fratello non deve vergognarsene, ma trovare la forza di parlarne. C’è bisogno di chiedere aiuto a persone competenti“, conclude con un appello Marta.
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