Il Ponte sullo Stretto di Messina si farà: il progetto, almeno, è pronto per essere operativo. Da dove partire per realizzare quest’opera.
Il Ponte sullo Stretto di Messina si farà. Questo non è solo un proposito elettorale, da oggi è anche uno dei prossimi progetti della politica e l’edilizia italiana: il provvedimento riguardante la grande opera è finito in Gazzetta Ufficiale. Ci sono gli estremi per andare avanti, oltre le promesse, insomma.
Rendere possibile qualcosa che era, quantomeno, atteso da tempo. Forse troppo. Tanto altro ce ne vorrà. Precisamente 7 anni, questo il piano per mettere in atto il ponte con costi non proprio irrisori. 10 miliardi che dovranno fare da collante fra il prima, dopo e durante della costruzione. Oltre 5000 metri di lunghezza per una resistenza sismica di Magnitudo 7.1.
Ponte sullo Stretto di Messina, arriva l’ok
Questo è quanto, ma non è tutto perchè capire le parti in causa è ancora un rebus che in molti – compresa una parte della politica interna – sperano di risolvere. Di supporto al progetto c’è Eurolink, lo stesso consorzio di 10 anni fa, quando l’iter è cominciato senza trovare un epilogo.
In collaborazione con ANAS. Un sodalizio che apre ad altre criticità: nello specifico i tecnici hanno consegnato un documento per illustrare e dimostrare soluzioni alternative che evitino l’attraversamento stabile. Al fine di sfuggire a problemi di sostenibilità. Fuori discussione, sempre secondo gli addetti ai lavori, di costruire un tunnel in alveo o sotto l’alveo.
“Un aspetto sfavorevole – sottolineano – è il vincolo strutturale della sua ubicazione nel punto di minima distanza fra Sicilia e Calabria. Questo comporta la necessità di costruire ugualmente un ponte sospeso che obbliga un dispendio energetico del 50% superiore a quello adoperato per il ponte più lungo realizzato al mondo”.
Costi e criticità
Le prospettive illustrate a La Stampa, con tanto di intervista dimostrativa, non solo non convincono. Fanno, altresì, pensare che il rischio di avere a che fare con l’ennesima “cattedrale nel deserto” sia piuttosto forte. A fronte dei costi in aumento, per un’opera del genere, sarebbe più la spesa che l’impresa.
Molti si chiedono a chi gioverebbe, ma dall’altra parte c’è la questione PNRR. Servono opere che certifichino la ripresa dell’Italia dopo la pandemia, per dimostrare agli occhi dell’Europa un certo tipo di investimenti. Anche per questo Salvini, Ministro di Trasporti e Infrastrutture, avanza in questa crociata. Ma i sospesi, prima del ponte, sono tanti altri.