Svolta sul caso di Marco Raduano, boss pugliese evaso dal carcere di Badu ‘e Carros lo scorso 25 febbraio: emergono due persone coinvolte nella fuga del 39enne.
Marco Raduano è fuggito dal carcere Badu ‘e Carros di Nuoro lo scorso 25 febbraio e da quel momento in poi di lui si sono perse le tracce. Nel frattempo la Squadra Mobile ha arrestato due persone: si tratterebbe della moglie di un detenuto e di un agente che lavora presso la casa circondariale.
Secondo le accuse, infatti, potrebbero aver un ruolo circa la fuga dell’uomo. Raduano è fuggito da un braccio del carcere di massima sicurezza dopo essersi calato dal muro di cinta con alcune lenzuola annodate.
Gli investigatori avrebbero seguito un presunto passaggio di denaro in cambio dell’introduzione nell’istituto di più di qualche telefono cellulare. I sindacati avevano chiesto con urgenza l’arrivo di nuovo personale, ribadendo problemi sulla sicurezza anche per questo motivo.
I due arresti non sembrerebbero direttamente collegati alla fuga del boss, ma farebbero comunque emergere gravi criticità all’interno del carcere sardo. Intanto la Procura di Nuoro ha aperto una indagine sull’evasione di Raduano, ma il cerchio potrebbe allargarsi. Non si escludono, infatti, nuovi indagati per la fuga dell’uomo, nonché per l’introduzione di telefono cellulari e altro materiale nel carcere di Badu ‘e Carros.
Marco Raduano è il boss della mafia del Gargano che stava scontando 19 anni di carcere. Si tratta di un membro della criminalità organizzata pugliese, dal soprannome “Pallone“, in carcere dal 7 agosto 2018 in seguito all’arresto durante l’operazione “Neve di Marzo”. Durante quel blitz, fu disarticolato un sodalizio criminale dedito a narcotraffico con metodo mafioso e impiego di armi (anche da guerra).
A causa di queste accuse, la Corte di Cassazione lo condannò lo scorso gennaio ad una pena di 19 anni di reclusione. Per quanto riguarda l’operazione “Omnia Nostra”, con tanto di 32 persone arrestata a dicembre 2021, lo stesso Raduano fu accusato degli omicidi di Omar Trotta (27 luglio 2017) e Giuseppe Silvestri (21 marzo 2017 a Monte Sant’Angelo).
Fu accusato anche del tentato omicidio di Giovanni Caterino a Manfredonia a febbraio 2018. Caterino è ritenuto basista della strage di San Marco in Lamis durante la quale morirono il boss Mario Luciano Romito, suo cognato Matteo De Palma e due agricoltori innocenti (Aurelio e Luigi Luciani).
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