Un incontro acceso nella notte di Bruxelles: il punto Meloni-Macron lascia tanti sospesi e qualche attrito. L’immigrazione resta un enigma.
Non tutto è perduto. Meloni-Macron, l’intesa può e deve nascere, con questo imperativo i due leader si sono visti nella notte a Bruxelles. In quello che è, a tutti gli effetti, il primo bilaterale europeo ufficiale fra i due Paesi. Una mano tesa, specialmente dal leader francese che nei mesi scorsi aveva preso le distanze dal Presidente del Consiglio italiano: a tenere banco – con relative polemiche – il summit dei 27 con Zelensky al seguito e relativa esclusione di Giorgia Meloni.
C’era, però, il cancelliere tedesco Olaf Scholz: questo ha fatto andare su tutte le furie l’Italia. La leader di Fratelli D’Italia ha parlato di estromissione voluta per “mettere da parte il Paese”. Insomma, un incidente diplomatico da tutti i punti di vista. Era impossibile pensare che determinate tensioni rimanessero insolute. Quindi nella notte belga i toni sono rimasti alti, ma leggermente più equilibrati con la voglia di trovare un’intesa.
Il punto focale, e in questo Macron e Meloni hanno qualcosa in comune, sono le proteste: migranti e pensioni sul piatto. Italia e Francia vivono situazioni opposte ma complementari. Il Premier italiano deve fronteggiare il post Cutro, mentre il Presidente francese è alle prese con le proteste sulle pensioni. In mezzo nucleare, transizione ecologica e sussidi alle imprese: un tesoro di 300 miliardi da gestire, sperando che l’Italia – questo chiede Macron – apra sulla bollitura del nucleare nel processo di transizione energetica.
Il cambio potrebbe servire da incentivo per le nuove politiche, ma non tutti sembrano essere d’accordo: per questo Macron punta su Giorgia Meloni. Il tassello per ricostruire un’intesa che ha vacillato. Poi c’è la questione immigrazione: i rapporti di “buon vicinato”, così li hanno definiti gli esperti, tra Italia e Francia devono continuare a esistere. Malgrado le divergenze sul tema. Nello specifico preme trovare una soluzione per il futuro della Tunisia, Meloni ammonisce: “Se la Tunisia crolla del tutto, si rischia una catastrofe umanitaria con 900mila rifugiati”.
La crisi economica in quei luoghi arriva al 10% di inflazione, 15% di disoccupazione, mentre il debito pubblico sfiora il 100%. Una situazione tutt’altro che rassicurante, qualche garanzia potrebbe darla un prestito da quasi 2 miliardi con il Fmi. In cambio di riforme rigide che, però, Saied e l’opposizione non hanno intenzione di attuare.
Gestire, quindi, una possibile crisi umanitaria senza l’appoggio di Francia e Germania diventa difficile. Le prove tecniche di riavvicinamento sono avvenute con un primo incontro esplorativo. Le prossime ore determineranno se ne seguiranno altri e soprattutto in che termini.
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