Bonus in bilico. La riforma fiscale allarma i consumatori rispetto alle detrazioni: cosa rischia di saltare. La mappa dei costi.
La riforma fiscale resta sul tavolo del Governo Meloni, i lavori in corso sono molto concitati. Il Ministro Giorgetti ritiene il provvedimento necessario: si passerà da quattro a tre aliquote, ma l’obiettivo primario è un altro. La delega fiscale che dovrà servire per scardinare le ultime reticenze sulla Flat tax, allargata a tutti, ma si comincia con le novità sul fronte dell’Iva per quanto riguarda Ires e Irap.
Agevolazioni ed esenzioni fiscali rischiano di cambiare sensibilmente anche rispetto alla forfettizzazione per scaglione reddito: ogni fascia il proprio. Alcuni bonus, quindi, potrebbero essere eliminati. Capire cosa resta e cosa no può aiutare a farsi un’idea del proprio panorama sul piano fiscale ed economico.
Riforma fiscale, bonus a rischio: quali detrazioni vengono cancellate
Si punta principalmente a una detrazione da lavoro forfettizzata sul reddito: chi guadagna meno deve avere uno sconto maggiore. Aiutare i redditi medio-bassi è la priorità attraverso una riduzione progressiva delle detrazioni al crescere del reddito, verranno azzerate sopra una determinata quantità.
Confini con cui fare i conti nel vero senso della parola: piene deduzioni su spese legate a scuola e sanità. Il 19% legato alle cure mediche e quant’altro restano in prima linea, maggiori perplessità invece sulle spese legate alla casa e lo sconto sui mutui. Quelle entrate agevoleranno poi la riforma Irpef.
Chi rischia maggiori penalizzazioni
Penalizzati, in tal senso, sarebbero i redditi da 15mila a 28mila euro: andrebbero a pagare da 15 a 390 euro in più. Mentre sopra i 28mila euro l’impatto negativo sarebbe per chi guadagna fino a 33mila. Il vantaggio sarebbe, invece, per chi guadagna più di 33mila euro, con 1150 euro in più fino a chi percepisce 50mila euro.
Tutto per arrivare a un cambio di detrazioni dal lavoro dipendente onde evitare penalizzazioni. La matassa da sbrogliare è importante: le prossime settimane saranno fondamentali, soprattutto per convincere le parti sociali che storcono il naso. Mancato accordo con i sindacati che, dopo il congresso di Rimini, sono pronti a scendere in piazza. Non ultima l’ipotesi dello sciopero. Il braccio di ferro è cominciato.