Sergio Mattarella vittima dell’odio online. Non è il solo, anche Liliana Segre può “vantare” un simile primato: condannati gli haters.
Sergio Mattarella tra le personalità prese maggiormente di mira sul Web. Il Presidente della Repubblica è una delle cariche politiche più stimate a livello collettivo: l’unico che non ha perso smalto e rappresentanza con la crisi di valori che attanaglia la politica. Alle urne vince l’astensionismo, ma la figura di Mattarella non è in discussione: il solo in grado di mettere tutti d’accordo.
Non è cosa da poco, visti i tempi che corrono. Questa la voce di popolo che, però, si spegne una volta che si arriva in Rete. Sul Web esistono sempre – e per chiunque – i bastian al contrario: quelli che devono sempre distinguersi, in peggio, per iniziativa e pensiero. L’Italia resta un Paese libero, ma è pur vero che a ogni azione corrisponde una reazione.
Insulti online a Mattarella: al via le condanne
Allora, Mattarella, essendo vittima di odio online, ha rintracciato coloro che nel gruppo Facebook denominato “Mattarella non è il mio Presidente” lo hanno insultato pesantemente (minacciando anche i suoi cari) e li ha denunciati. Sono arrivate, con il tempo debito, le condanne per queste persone che non potranno più sottrarsi all’esito delle indagini. 9 mesi di lavori di pubblica utilità.
Rischiavano molto di più: l’accusa iniziale era “offesa alla libertà del Presidente della Repubblica”, da 5 a 15 anni. Non una cosa da poco, dunque, Mattarella invita sempre alla prudenza sul Web e altrove. L’odio ha radici profonde che bisogna cercare di debellare con la cultura, ha detto al discorso di fine anno. La cultura della difesa – secondo il Presidente della Repubblica – fa il suo corso tramite la Giustizia.
Dello stesso avviso la Senatrice a vita Liliana Segre, oggetto di insulti reiterati per aver difeso la memoria contro le deportazioni tedesche, di cui è stata vittima. Tanti i nomi additati che rischiano una denuncia. Mattarella ha dato l’esempio, ora tocca agli altri. Anche da dietro un pc, le parole hanno un peso e delle conseguenze che, spesso, non finiscono dentro uno schermo. Non basta arrestare il sistema. Ad arrestarti, talvolta, potrebbero essere gli altri.