Papa Francesco torna a parlare a 10 anni di Pontificato: prima decade passata con soddisfazione, ma il futuro conserva interessanti scenari.
Dieci anni fa quel “Buonasera” da Piazza San Pietro diventato iconico. Da allora Papa Francesco ha salutato altre volte. Tante da fare 10 anni, i suoi primi di Pontificato. Una decade sempre all’insegna degli stessi ideali. Il giusto mix tra concordia, pace, amore e soprattutto inclusione. Un Pontefice che non si risparmia, Francesco, in grado di essere in mezzo alla gente mostrando in prima persona le proprie fragilità: pugno duro se serve, come nel caso degli abusi di potere (e non solo) all’interno della chiesa e le iniziative di guerriglia da combattere e prevenire in difesa della pace.
In particolar modo in Ucraina, ma non solo. Bergoglio ritiene giusta la difesa della concordia, attraverso operazioni di diplomazia che devono essere intraprese senza l’abuso – parola che ritorna – di armi. Poi c’è la questione dell’accoglienza: il Pontefice si batte anche per dare lustro e possibilità a chi non ha voce. Preferisce definirsi il Papa di tutti, piuttosto che il Papa degli ultimi.
Dato che nessuno è all’ultimo posto nella sua scala di priorità: ci sono cose da fare e ideali da perseguire. Come dimostrano i viaggi all’estero fatti fin qui, nessuna meta è scelta a caso. Restando in tema di scelte, c’è quella altrettanto coraggiosa di mostrarsi in carrozzina dopo il trauma al ginocchio: “Non c’è nulla di male – spiega – a mostrare le proprie fragilità. Sono quelle che ci rendono uomini e donne. Aiutano a crescere”. Messaggi di costante apertura che, però, ai microfoni di Rsi – nel momento di tracciare un bilancio – non esclude la possibilità di dimettersi.
“Non lascio – dichiara il Santo Padre – lo farò nel caso in cui la mente si annebbierà”. Parla sempre di lucidità, Francesco, perchè quel che conta è la presenza. Una figura costante e fondamentale nell’accompagnare i fedeli in un cammino irto e pieno di incognite. Alle quali Papa Francesco non ha sempre le giuste risposte, ma cerca di conservare l’adeguato atteggiamento: rispondere alle avversità.
Questo sì, nel miglior modo possibile. C’è chi la definisce resilienza, lui preferisce chiamarla “missione”: dentro c’è tutta la volontà e l’abnegazione di un uomo come gli altri – fatto di carne prima ancora che di spirito – il cui esempio deve tracciare la strada. L’orientamento, però, deve trovarlo prima lui: proprio quest’analisi costante lo rende così amato. L’introspezione come specchio sulla purezza dell’animo.
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