Turchia, arrivano i rifugiati: il terremoto e le calamità naturali portano sempre più persone nel Mediterraneo. Come gestire gli arrivi.
Cutro, una strage inattesa che guarda anche al resto d’Europa: quel che è successo nel crotonese è lo specchio di una situazione ingestibile. 59 morti, 20 vite salvate. Numerosi dispersi in mare su un carico iniziale di 180 persone. Arrestati tre presunti scafisti, ma restano i problemi.
L’Europa definisce questa situazione una tragedia, ma l’enigma non è ancora dipanato. E arriva il momento più atteso – nel bene e nel male – che consiste nel dover rispondere a determinate esigenze: chi scappa dalla guerra è sempre visto come distante, ma ora il conflitto arriva anche da “dietro casa”, come hanno sottolineato molti esperti di difesa.
Turchia, la gestione dei rifugiati cambia dopo il terremoto
L’Ucraina è più vicina di quanto si pensi e (anche) l’Italia deve gestire gli arrivi. Inoltre c’è un problema legato alla rotta nord-est del Mediterraneo che ha a che fare anche con i rifugiati che giungono dalla Turchia. Terremoti, fughe e conflitti. Tre aspetti che si fondono in uno per dare adito a nuove questioni: tutte urgenti.
Il Ministro dell’Interno Piantedosi ha fatto sapere di stare monitorando la situazione, ma secondo l’Europa serve un disegno diverso per chiunque. Il clima in Puglia e Calabria diventa rovente e non solo per questioni di barometro: sono in prima linea per quanto concerne gli arrivi nelle nuove rotte.
Il Messaggero conferma che c’è un cambio radicale: gli scafisti ucraini non ci sono più, essendo tutti impegnati al fronte, i russi hanno preso il loro posto. Questo significa lucrare ulteriormente sui destini di povera gente. I costi per i cosiddetti “viaggi della speranza” sono aumentati esponenzialmente.
La guerra in Ucraina cambia le rotte balneari
Gli scafisti, poi, si approfittano della precarietà collettiva. Serve per questo un disegno specifico rispetto al ruolo delle ONG: unica possibilità di raccordo fra necessità e malaffare. Aumentano, nel frattempo, anche gli arresti di scafisti siriani che si aggiungono alla copiosa quantità di russi finiti in manette da fine 2022 a oggi.
Cutro resta la lente d’ingrandimento su un problema numerico, ma anche civile: le vite in pericolo non possono essere lasciate a sé stesse. L’impegno delle organizzazioni umanitarie non è sufficiente, ma resta un punto di partenza in attesa di una presa in carico istituzionale.