Putin, ennesimo scacco matto alla pace. Il leader russo rimanda ulteriormente i negoziati e cambia strategia: i nuovi piani per l’offensiva.
Vladimir Putin non arretra. Chi sperava in trattati di pace o negoziazioni, a un anno dallo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina, resterà deluso: il leader russo non solo non arretra di un millimetro rispetto alle posizioni iniziali, ma rafforza la propria leadership con nuovi piani offensivi.
La guerra, quindi, potrebbe aprire una nuova fase diplomatico-politica in cui dovrebbe avere un ruolo chiave anche l’Italia: le parole dei giorni scorsi di Giorgia Meloni – in viaggio istituzionale a Kiev – assumono un altro senso. Il nuovo carico di aiuti in favore dell’Ucraina, nello specifico armi e tecnologie all’avanguardia, non solo è altamente possibile ma diventa necessario.
I “lavori per la pace” promossi da Berlusconi, con parole tutt’altro che distensive nei confronti ucraini, sono e restano un’utopia. Proprio grazie al suo “amico” – come conferma la lista di contatti del Presidente russo – Putin. Il leader approfitta della revoca del decreto sulla sovranità di Chisinau. Opportunità ghiotta per via di trascorsi geopolitici di un certo peso.
Di conseguenza il Primo Ministro moldavo Dorin Recean ha rivelato la volontà russa di prendere l’aeroporto della Capitale: esisterebbero già piani a riguardo. Segnale forte che arriva subito dopo la revoca del documento di sovranità, il quale attestava i rapporti più stringenti tra Europa, Russia e Stati Uniti.
La “rottura” – anche istituzionale – dalle parti di Chisinau arriva dopo la visita di Biden in Ucraina che fornisce pieno appoggio a Zelensky e i suoi: “Io sono un cittadino di Kiev”, ha detto, a indicare una regia che a Putin appare fin troppo chiara. L’obiettivo del leader russo, oggi, si chiama Transnistria. L’unico modo per continuare ad attaccare rispondendo alle difese sull’asse Zelensky-Biden.
Conferme, in tal senso, arrivano anche dalla Presidente Maia Sandu che avvisa come – nella regione contesa – siano già presenti un migliaio di soldati russi con la specifica volontà di creare una crisi. Una fascia di territorio che definisce la Repubblica di Transnistria, moldava di fatto, essendo autoproclamata, ma lungo la frontiera con l’Ucraina sud-occidentale.
33 anni fa la comunità si dichiara indipendente in maniera unilaterale con un referendum che riscuote il 90% di votanti e relative preferenze. La differenza, stavolta, non la fanno i numeri ma il territorio. Putin vuole uscire dalla porta per rientrare dalla finestra: l’aeroporto di Chisinau potrebbe essere il suo grimaldello. “Una battaglia ai nostri confini storici, per noi, per la nostra gente” ha detto Putin allo stadio Lushniki di Mosca, nel corso di un concerto patriottico durante la festa dei Difensori della patria (le Forze Armate russe) per spiegare un possibile intervento. Ma è evidente che dietro c’è molto di più.
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