Ucraina, a un anno dall’inizio del conflitto con i russi la situazione non si placa: c’è bisogno di nuovi aiuti. Interviene l’Unione Europea.
Ucraina, la situazione è critica. A un anno dallo scoppio del conflitto con i russi di trattati negoziali neanche l’ombra. La pace resta un obiettivo, ma è anche un’utopia: al momento le forze sono in campo e dalla Russia fanno sapere che nuove offensive potrebbero scandire le prossime settimane.
Putin dovrà parlare alla nazione, ma l’atmosfera è ancora profondamente tesa: il clima – fra russi e ucraini – resta acceso anche perché Zelensky non arretra. Non può e non vuole, a sentirlo dall’intervento recente promulgato anche a Sanremo: “L’Ucraina resisterà”. A quale prezzo, si domandano i civili e i combattenti che stanno dando tutto da ogni parte.
Anche i russi non si risparmiano. Aggressori, certo, ma sul campo di battaglia il colore comincia a non contare poi tanto una volta sommerso dal rosso sangue delle vittime. La pace, tuttavia, deve essere un obiettivo anche sul piano economico. Questa condizione, al momento, non conviene a nessuno.
Scenari diversi, tuttavia, al momento sembrano difficilmente gestibili. La faccenda è arrivata anche sulla scrivania del Parlamento UE: il messaggio è chiaro. “Servono aiuti militari per tutto il tempo necessario”. Un urlo che parte da Kiev e arriva a Bruxelles, non senza conseguenze. Il nuovo piano di aiuti è stato votato in Commissione: 444 favorevoli, 26 no e 37 astensioni.
I numeri della seconda parte del sostegno. Dopo 365 giorni cambia il copione, ma non gli scenari. La risoluzione di Strasburgo chiede, nella fattispecie, che i beni russi congelati dall’Unione Europea vengano usati come “fondo straordinario” in nome della ricostruzione ucraina. Poi c’è il capitolo sanzioni contro Mosca da rafforzare per avviare successivamente i negoziati di adesione di Kiev all’Unione Europea.
Il tutto già da quest’anno. Giocare d’anticipo per sperare in un fronte compatto. Sanzionare il Cremlino, al momento, resta una priorità: nel testo approvato si parla di un regime fiscale su misura per confiscare i beni russi congelati dall’Unione Europea e utilizzarli in favore delle vittime di guerra, partendo dalla ricostruzione delle città.
In contemporanea deve partire un lavoro diplomatico non indifferente che spinga le parti in causa alla deposizione delle armi. Intanto munizioni, aerei da combattimento e sistemi missilistici continuano ad arrivare sul territorio ucraino assieme agli aiuti umanitari. Un duplice piano d’azione chiamato a dimostrare la propria efficacia.
Nel frattempo l’Italia frena: Meloni dichiara di essere sempre dalla parte di Kiev, ma il clima si raffredda grazie alle recenti dichiarazioni di Berlusconi (principale alleato di Governo nell’Esecutivo Azzurro) che bacchetta Zelensky non incentivando al dialogo, in quanto – secondo l’ex Premier – il conflitto non si sarebbe interrotto “per colpa sua”.
Lo chiama signore, ma i toni per l’Ucraina sono tutt’altro che signorili. L’incidente diplomatico non è un’opzione, per questo un comunicato stampa di rettifica ha provato a sistemare le cose. Da Bruxelles a Roma si continua a camminare sul filo del rasoio, secondo la scena europea esiste soltanto una scelta: l’Italia dovrà far capire – in maniera netta – da che parte stare.
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