Cospito riprende a mangiare. La decisione è arrivata dopo il trasferimento all’ospedale San Paolo di Milano: i valori sono in risalita.
Alfredo Cospito ha detto basta. L’anarchico condannato al 41bis che, da diverse settimane, intraprende lo sciopero della fame ha deciso deliberatamente di interrompere questa crociata. Il motivo ha a che fare con il trasferimento dal carcere di Opera all’ospedale San Paolo di Milano. Uno yogurt e degli integratori, questi i primi “pasti” ingeriti per cercare di rimettersi in sesto. L’obiettivo è arrivare all’udienza del prossimo 24 febbraio in condizioni, quantomeno, accettabili.
I valori sono in risalita, come riporta la ricostruzione dell’AGI, ma la strada è lunga per ritrovare certezze e stabilire nuovi confini. Quelli tra burocrazia, pena e morale. Un triplo scenario che va rispettato senza cercare di prevaricare, né tantomeno scendere a patti con le frange più violente e facinorose degli anarchici che continuano a manifestare il proprio dissenso in diverse maniere. Non sempre lecite, reiterate sono – ad oggi – le aggressioni a Forze dell’Ordine, in alcuni casi presi di mira anche esponenti del personale sanitario. C’è tutto dentro questa situazione paradossale che mescola politica e giustizia sociale.
Tra dieci giorni Alfredo Cospito capirà se, nella sua situazione, ci sono ancora gli estremi per il 41bis oppure dovrà scontare la detenzione in altro modo. Nessun dialogo, invece, per quanto riguarda il provvedimento: si resta sulla linea dell’imprescindibilità. Il 41bis è necessario, secondo la Giustizia italiana e una parte del Governo che non intende scendere a patti su questo punto, come ha più volte sottolineato il Ministro della Giustizia Carlo Nordio.
Tornando alla stretta attualità, a parlare è l’avvocato di Cospito, Caterina Calia che si fa portavoce del suo assistito attraverso le pagine del Corriere della Sera: “È pallido e magrissimo, non vuole morire in carcere, ma lottare contro il 41bis”. Questo spiega l’intenzione di Cospito di riprendere a magiare. Alimentarsi vuol dire, in qualche maniera, esserci. L’uomo è stato condannato ad una pena tra i 20 e i 24 anni assieme alla compagna Anna Beniamino per una strage comune. Il reato di strage politica, successivamente, è stato riqualificato con l’ergastolo.
Nella questione, che sarà dipanata ulteriormente nelle prossime settimane, entra a gamba tesa anche il Comitato Nazionale di Bioetica che afferma: “Tutti hanno il diritto di rifiutare una cura anche se salvavita, a patto che la persona in questione sia in grado di intendere e volere nessuno può interferire. Non deve, tantomeno, essere specificato il motivo della scelta”. Questo dimostrerebbe, attraverso le parole di Lorenzo D’Avack – ex Presidente del Cnb – che la nutrizione forzata, nel caso di Cospito e non solo, non è un’opzione: il detenuto ha ripreso a nutrirsi per sua scelta e in maniera consapevole. Vuole affrontare l’ennesimo capitolo di questa battaglia.
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