La latitanza di Matteo Messina Denaro è terminata, ora per il vero Andrea Bonafede è il momento delle scelte. La decisione del giudice non lascia spiragli.
Il prestanome di Matteo Messina Denaro è Andrea Bonafede, geometra di Campobello di Mazara. L’uomo ha concesso la propria identità al boss ritenuto uno dei mandanti delle stragi in cui morirono i giudici Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. Le accuse contro l’uomo sono di associazione mafiosa e procurata inosservanza di pena aggravata.
Una lunga latitanza, quella di Messina Denaro, conclusasi con l’arresto lo scorso 16 gennaio a Palermo vicino la clinica privata La Maddalena. La difesa del vero Bonafede ha intanto presentato un ricorso per chiedere una differente misura cautelare, non tarda però ad arrivare la risposta.
Andrea Bonafede avrebbe agito per assecondare le richieste del boss, pur non parlando di alcun tipo di minaccia ricevuta dal boss latitante arrestato di recente dai Ros di Palermo. Proprio i legali dell’uomo, infatti, avrebbero proposto una richiesta di revoca, giustificando la questione viste la “richiesta” di Matteo Messina Denaro, senza però parlare di minacce ricevute.
I due si conoscerebbero sin da giovani e circa due anni fa avrebbero avuto un incontro, da qui la richiesta di Messina Denaro di prendere l’identità di Bonafede. Proprio per questa vicenda, infatti, i giudici avrebbero deciso di prendersi un po’ di tempo per valutare con attenzione le prossime decisioni da prendere.
Proprio l’avvocato del prestanome del boss avrebbe fatto leva sul cosiddetto stato di necessità. Andrea Bonafede avrebbe parlato di una sorta di timore sopraggiunta vista la rilevanza di Matteo Messina Denaro.
Il legale dell’uomo non avrebbe quindi negato di sapere chi fosse il boss, ma per l’accusa il perdurare della vicenda, durata circa due anni, non sarebbe ritenuta adeguata per giustificare una decisione del genere. Intanto le indagini procedono e gli inquirenti vanno a caccia di nuovi indizi per scoprire chi abbia favorito la latitanza del boss durante questi lunghi 30 anni.
Gli inquirenti credono infatti che possa esserci un pericolo di fuga e quindi la possibilità di alterare prove importanti e fondamentali per le indagini. Richiesta di fatto respinto e permanenza in carcere per il vero Andrea Bonafede (il prestanome di Messina Denaro).
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