Morto, perché soffocato dalla mamma mentre lo allattava, una notizia di cronaca che ha sollevato un vaso di Pandora su come le donne vivono il post parto, e quanto questi incidenti siano possibili dopo quella che da molti viene definita “violenza ostetrica”.
Una morte assurda, quella di un neonato di appena 3 giorni soffocato dalla mamma che stremata si è addormentata. A lei si sono unite migliaia di donne sul web in un abbraccio di solidarietà, per un episodio che porta alla luce la difficoltà di gestire il post parto.
Aveva avuto un parto di oltre 17 ore, era stremata dal lungo travaglio iniziato in piena notte, e per questo mentre allattava suo figlio si è addormentata purtroppo soffocandolo. Non è una brutta storia che accade a tutte le mamme, ma tutte le mamme hanno ben compreso quello che è successo, e si sono strette con grande solidarietà a quella 30 che aveva partorito all’ospedale Sandro Pertini di Roma. Si stanno moltiplicando le testimonianze di neo mamme che sanno raccontando cosa hanno subito al momento del parto, e anche dopo, per quella che nei reparti di maternità viene definita: “la cosa più naturale del mondo”. Molte spiegano come si sono sentite inadeguate, inappropriate, e con enormi sensi di colpa per non sentirsi da subito capaci di poter badare al proprio figlio.
Soprattutto su una particolare community nata nel 2019:”Mamme di merda“, viene fuori da molti racconti, quella che viene definita “violenza ostetrica”, che si esplica in mancanza di aiuto, giudizio sulla modalità di portare avanti il travaglio, e umiliazioni. In questa sorta di blog, creato da Francesca Fiore e Sarah Malnerich, attiviste e scrittrici dedite a smontare la retorica della mamma perfetta, viene spiegato che partorire non è una cosa semplice, (e chi è mamma lo sa benissimo). Comporta uno sforzo fisico enorme; sia che si tratti di un parto naturale che di quello chirurgico.
Partorire, anche se si tratta di un parto cesareo è a tutti gli effetti un operazione, e la paziente che è appena diventata una “mamma” andrebbe compresa e lasciata riposare a lungo, non obbligata a prendersi immediatamente cura di un neonato dopo uno stress fisico non indifferente. Ecco perché quel neonato che poteva vivere, è morto, schiacciato dal peso di una stanchezza fisica che non conosceva eguali. Ed allo stesso modo ecco che chiunque sia diventata mamma non ha puntato il dito contro quella donna di 30 anni, ma piuttosto ha allargato le braccia in segno di solidarietà, sperando che questa morte possa cambiare una modalità, ma soprattutto una mentalità sbagliata su cosa significhi diventare mamma.
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