Un altro colpo alla mafia siciliana da parte dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo che hanno fermato 7 boss di Cosa Nostra che stavano progettando l’omicidio di un architetto
Sono trascorsi solo pochi giorni dalla cattura di Matteo Messina Denaro, e oggi lo Stato mette a segno un altro colpo a Cosa Nostra. Nel blitz coordinato dalla Dda guidata dal procuratore Maurizio de Lucia sono finite in manette sette persone: 5 indagati sono in carcere, due agli arresti domiciliari. Per tutti le accuse sono di associazione mafiosa ed estorsione aggravata.
I carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo hanno colpito la famiglia mafiosa di Rocca Mezzomorreale e tutti i suoi vertici. In passato avevano già scontato la pena e tornati liberi. In carcere anche alcuni “uomini d’onore” che fino ad oggi erano sfuggiti alle indagini.
L’operazione ha permesso di smantellare il clan mafioso, braccio destro del mandamento siciliano di Pagliarelli, confermando le storiche figure al vertice dell’associazione mafiosa. Con l’arresto dei 7 esponenti del clan di Rocca Mezzomorreale è stato sventato anche un omicidio.
Omicidio sventato a Palermo: mafia colpita dallo Stato, 7 boss arrestati
Le indagini del Ros hanno portato non solo all’arresto di 7 esponenti del clan di Rocca Mezzomorreale (provincia di Palermo) ma anche sventato un omicidio. Il delitto era stato deciso durante una riunione dei capo clan mafiosi. A morire doveva essere un architetto che secondo i boss aveva commesso alcune mancanze verso il clan.
Dalle intercettazioni sono merse, inoltre, reati di estorsione a imprenditori e commercianti. Secondo quanto riportato da Leggo, in un caso, i boss per convincere la vittima a pagare, venne fatta trovare vicino al cancello di una casa una bambola con un proiettile conficcato nella fronte. In una intercettazione dei carabinieri, si sente un boss dire: “C’è lo statuto scritto dai padri costituenti”.
Un’affermazione che i magistrati ritengono essere importante poiché conferma la ferrea osservazione da parte dei capi boss di regole rigide. Tali regole osservate nel minimo dettaglio dai boss sottolineano l’esistenza stessa di Cosa Nostra. Nell’ambito della conversazione registrata dai carabinieri spunta fuori un “codice mafioso scritto”, rigorosamente rispettato da decenni dai capi e che mantiene in vita la mafia siciliana.
Le critiche alla strategia di Riina intercettate
Nelle intercettazioni ambientali anche diverse critiche dei capimafia rivolte alla strategia adottata dal boss Totò Riina sulle stragi. Uno degli indagati ignaro di essere intercettato dice: “Niente cose infami, ma perché pure tutte queste bombe tutti questi giudici, tutti questi… ma che cosa sono?”.
L’indagato critica anche la scelta di Riina di uccidere la famiglia del pentito Tommaso Buscetta ancor prima che quest’ultimo cominciasse a collaborare con la giustizia. Parole pesanti anche verso all’ex boss Giovanni Brusca. Si sente uno dei due padrini dire all’altro: “Un colpo di fucile nelle corna gli dovrebbero dare”.
Secondo i due boss intercettati, Riina e i suoi “pensavano solo a riempire il portafoglio. Non si interessava a niente. Non è che loro amavano la cosa (forse organizzazione mafiosa) Perché uno che la ama, fa le cose per non distruggerla, per tenerla. Tutte le cose sono finite. Prima c’erano buoni rapporti con gli organi dello Stato. Non si toccavano, anzi li allisciavano”.