Una tragedia portata alla luce dalla stampabbia , per la quale ora si chiede di conoscere la verità. Parla al Messaggero il padre del neonato morto all’ospedale Pertini di Roma. Era in stanza con la madre. Era venuto alla luce tre giorni prima. L’autopsia chiarirà le cause del decesso
Un’intervista toccante, a tratti straziante, che ripercorre la breve parabola di vita di un bimbo di soli tre giorni. La gioia immensa di un padre e una madre che mettono al mondo l’amore più grande; le fatiche del parto nei giorni immediatamente successivi; le regole di un ospedale che appaiono sin troppo rigide; le prime poppate e i primi momenti di contatto col proprio bambino, che per ragioni ora da stabilire, non c’è più.
Il piccolo è deceduto nello stesso reparto in cui è nato, nella stanza in cui per quei giorni è rimasto sempre con la sua mamma, che stremata dopo il travaglio, aveva più volte chiesto al personale di portare via per qualche ora il neonato. La donna aveva solo bisogno di riposare.
Improvvisamente qualcuno però si accorge che il bambino non respira più. Il neonato è morto. I fatti risalgono allo scorso 7 gennaio, ma la tragica vicenda è stata raccontata ieri da diversi quotidiani. Un dramma che diventa di dominio pubblico, che fa ripiombare i genitori nello sconforto più totale e ora l’intervista al Messaggero del padre del neonato, che con rabbia e dolore, punta il dito anche sulla struttura ospedaliera del Pertini, in attesa di conoscere i risultati dell’autopsia a cui verrà sottoposto il corpicino del neonato.
“L’autopsia ci dirà di cosa è morto. La mia compagna si era appena rincuorata, ma ora che la vicenda è venuta alla luce è a pezzi. Insieme abbiamo letto sul web tanti commenti di altre donne, alcune che hanno partorito sempre al Pertini, che hanno lamentato di essere state lasciate sole coi lori figli appena nati. Tutte stremate dal parto, impossibilitate a prendersi cura come si dovrebbe di un bebè“. Sono le prime parole dell’uomo, 36 anni origini abruzzesi, che rivive nell’intervista quei giorni tragici. Dal momento in cui alla madre del bimbo si rompono le acque, al travaglio durato 17 ore, fino al parto e al momento immediatamente successivo: la donna è sfinita, normalmente sfinita, eppure le regole del reparto maternità del Pertini dicono che la neo mamma dovrà tenere sempre il bimbo con sè.
Il padre del piccolo spiega che la propria compagna si fosse preoccupata di chiedere aiuto ” Lei stessa aveva implorato più volte il personale del reparto di portare il piccolo al nido per qualche ora per potere riposare un po’. Non ce la faceva più. Ma la risposta era sempre “no, non si può”. Nulla ha potuto fare l’uomo che ha tenuto in braccio suo figlio soltanto due volte: il 5 gennaio quando viene alla luce e un’ora il pomeriggio del 7. Ma il padre del bimbo è comunque felice e sereno della nuova vita da crescere, che avrebbe potuto e dovuto crescere: “toccavo il cielo con un dito, poi è arrivato l’inferno“. Un inferno che l’uomo racconta così “É stata la mia compagna a chiamarmi al telefono: “Corri, corri», gridava. Ma non ho fatto in tempo sono arrivato che non c’era più nulla da fare”
A questo punto degli eventi, il racconto diventa gioco forza più nebuloso, perchè secondo l’uomo nessuno avrebbe svegliato poco prima la giovane madre nella stanza. La donna da sola si sarebbe svegliata e si sarebbe accorta che il bimbo fosse stato già preso. “All’1.40 della notte è stato dichiarato il decesso”. Il neonato dunque era sempre stato con la sua mamma. Una donna giovane ma provata dai dolori del parto; un bimbo un pochino irrequieto che avrebbe necessitato di qualche attenzione in più da parte di tutti, forse. La madre chiedeva soltanto di trascorrere serena qualche ora di sonno per recuperare, ma la richiesta non è stata mai accolta. Il bimbo, dice ancora suo padre, stava bene. Nessun segno lasciava presagire il drammatico epilogo.
“Ora aspettiamo di conoscere il risultato dell’autopsia e abbiamo affidato il caso a un legale. Di fatto, la causa esatta della morte è ancora sconosciuta e tante risposte noi ancora non le abbiamo. Confidiamo nelle indagini”. Poi l’affondo, la denuncia dell’uomo che va anche oltre la personale e dolorosissima storia “Molte donne sono lasciate sole nei reparti, complici anche le restrizioni anti–Covid che impediscono ai familiari di rimanere in stanza ad aiutare le neo-mamme. Ecco, i protocolli adottati negli ospedali andrebbero rivisti anche alla luce di questa considerazione. Se ad altre mamme non è capitato, è solo perché loro sono state fortunate”.
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