Dopo l’arresto di Messina Denaro, le parole di Santino Di Matteo, padre del 13enne che nel 1993 fu vittima della mafia perché figlio di un pentito in una lunga intervista a Repubblica. “Ero sicuro che Denaro si nascondesse in Sicilia”
Le parole affidate al quotidiano Repubblica sono una liberazione per il padre di Giuseppe Di Matteo, il 13enne che nel 1993 fu uno delle vittime della mafia siciliana. Strangolato dopo 779 giorni di prigionia e sciolto nell’acido perché figlio di un pentito. Un orrore che non aveva trovato giustizia fino a quando esplode la notizia dell’arresto di Matteo Messina Denaro.
Santino Di Matteo, padre di Giuseppe, ha parlato di quanto accaduto al figlio e dell’arresto del boss, latitante per oltre 30 anni: “Quando ho saputo dell’arresto di Messina Denaro, il primo pensiero è stato per mio figlio Giuseppe. Tutti quelli che hanno avuto a che fare con il sequestro e la sua morte sono finiti in carcere. Mancava solo lui“. Santino, collaboratore di giustizia, fu il primo che raccontò i segreti della strage di Capaci.
Per questo la mafia siciliana quel 23 novembre 1993 sequestrò il figlio. La cattura dell’ultimo “padrino” di Cosa nostra chiude un cerchio importante anche per la morte di Giuseppe Di Matteo per il quale Messina Denaro è stato condannato. “Ha vinto Giuseppe, ma guai ad abbassare la guardia nella lotta alla mafia”.
Alla domanda del giornalista di Repubblica sull’arresto di Matteo Messina Denaro, Santino Di Matteo risponde di non essere stato sorpreso perché, in fondo, ha sempre saputo che il “padrino” si nascondesse in Sicilia. “Probabilmente, in tutto questo tempo ha messo avanti prestanome e persone sconosciute, mentre lui è rimasto in disparte. Almeno fino a quando ha potuto. Poi ha avuto necessità di cure specialistiche”.
Non bisogna abbassare la guardia sulla mafia, ammonisce il collaboratore di giustizia Di Matteo: “I mafiosi che vengono scarcerati provano sempre a riorganizzare le cosche. E in questi ultimi tempi sono avvenute numerose scarcerazioni, un dato che deve far riflettere”. A seguito della morte del figlio Giuseppe, Di Matteo fu espulso dal programma di protezione poiché l’accusarono di essere tornato in Sicilia senza avvisare le autorità ma Santino ribadisce di essere rientrato nella sua terra solo per cercare il figlio.
Oggi, dopo tutti questi anni Santino Di Matteo lavora nella comunità di accoglienza gestita da un giovane sacerdote. “È la mia nuova vita, mi interessa solo vivere tranquillo. Ma il ricordo di mio figlio Giuseppe è sempre presente”. Dall’altra parte, le indagini però, dicono che Messina Denaro ha già cambiato Cosa nostra passando dalle stragi agli affari. E alla domanda del cornista di Repubblica su cosa ne pensasse, il collaboratore di giustizia risponde: “L’organizzazione mafiosa vive una dimensione di continua trasformazione, non bisogna mai dimenticarlo. Ecco perché dico che non si deve abbassare la guardia. E, intanto, dico ai mafiosi che ancora credono di riportare Cosa nostra agli antichi fasti: questa strada vi porterà alla rovina, non l’avete ancora capito? La vera forza dell’organizzazione mafiosa è che non smette mai di trasformarsi”.
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