Matteo Messina Denaro è stato arrestato, era in fuga dal 1993.
Matteo Messina Denaro, l’ultimo superlatitante di Cosa nostra, è stato arrestato questa mattina, lunedì 16 febbraio. Era ricercato dall’estate del 1993. L’Ansa ha dato notizia dello storico arresto, compiuto dai carabinieri del Ros dopo 30 anni di latitanza. L’inchiesta che ha portato alla cattura del capomafia di Castelvetrano (Trapani) è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dal procuratore aggiunto Paolo Guido.
Matteo Messina Denaro, sarebbe stato arrestato all’interno della clinica privata Maddalena di Palermo. Il boss si trovava nella struttura “per sottoporsi a terapie”, lo ha riferito il comandante del Ros dei carabinieri, Pasquale Angelosanto. Alle 9,35, il boss è stato caricato su un furgone nero dai militari e scortato da diverse gazzelle dei carabinieri portato via, fra gli applausi di tanti palermitani. Gli abbracci tra i carabinieri, la loro esultanza davanti al luogo della cattura davanti al luogo della cattura hanno marcatamente sottolineato l’importanza del fatto. Un momento storico per il nostro Paese.
Figlio del vecchio capomafia di Castelvetrano (Tp) Ciccio, storico alleato dei corleonesi di Totò Riina, era latitante dall’estate del 1993, quando in una lettera scritta alla fidanzata dell’epoca, Angela, dopo le stragi mafiose di Roma, Milano e Firenze, preannunciò l’inizio della sua vita da Primula Rossa.
“Sentirai parlare di me – le scrisse, facendo intendere di essere a conoscenza che di lì a poco il suo nome sarebbe stato associato a gravi fatti di sangue – mi dipingeranno come un diavolo, ma sono tutte falsità”.
È Paolo Borsellino, nel 1989, il primo a iscrivere il nome del boss in un fascicolo d’indagine. A indagare è il commissario di polizia di Castelvetrano, Rino Germanà: tenteranno di ucciderlo proprio per questo motivo. Nel 1992 Messina Denaro fa parte del commando composto da mafiosi di Brancaccio e della provincia di Trapani, inviato a Roma per mettere a segno un attentato nei confronti di Maurizio Costanzo e per uccidere Giovanni Falcone e il ministro Claudio Martelli.
Nel luglio 1992, è tra gli esecutori dell’omicidio di Vincenzo Milazzo, capo della cosca di Alcamo. Pochi giorni dopo, strangola con le sue mani la compagna del boss, Antonella Bonomo, incinta di tre mesi. Nel 1993 è uno dei mandanti del sequestro del dodicenne Giuseppe Di Matteo, nel tentativo di impedire che il padre, Santino Di Matteo, ex-mafioso, collabori con gli inquirenti che stanno indagando sulla strage di Capaci. Dopo 779 giorni di prigionia, il piccolo Di Matteo viene strangolato e il cadavere viene sciolto nell’acido.
L’ultima volta che il boss di Cosa nostra viene visto libero, è nell’agosto del 1993, nel pieno degli attentati dinamitardi che sconvolgono l’Italia. Messina Denaro, mandante di quelle stragi insieme a Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca e ai fratelli Filippo e Giuseppe Graviano, è in vacanza a Forte dei Marmi. Da quel momento inizia la latitanza. Nel 1998, dopo la morte del padre Francesco, diventa capomandamento di Castelvetrano e rappresentante della provincia di Trapani in Cosa nostra.
“Una grande vittoria dello stato, che dimostra di non arrendersi di fronte alla. All’indomani dell’anniversario dell’arresto di Totò Riina, un altro capo della criminalità organizzata viene assicurato alla giustizia. I miei più vivi ringraziamenti, assieme a quelli di tutto il governo, vanno alle forze di polizia, e in particolare al Ros dei carabinieri, alla procura nazionale antimafia e alla Procura di Palermo per la cattura dell’esponente più significativo della criminalità mafiosa”, così il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha voluto ringraziare e applaudire all’operazione condotta oggi.
Insieme a Matteo Messina Denaro è stato arrestato anche Giovanni Luppino, di Campobello di Mazara (Tp), accusato di favoreggiamento. Avrebbe accompagnato il boss alla clinica per le terapie.
L’arresto di Matteo Messina Denaro è avvenuto a 30 anni esatti da quello di Totò Riina, che fu catturato il 15 gennaio del 1993, sempre a Palermo. Col trascorrere delle ore rispetto al momento del blitz del suo arresto arrivano indiscrezioni sulla sua degenza in clinica. Su come sia stato possibile che il boss la frequentasse da tempo. Matteo Messina Denaro infatti si presentava con un’altra identità, quella di Andrea Bonafede, nato il 23 ottobre 1963. Stamattina aveva l’appuntamento per il ciclo di chemioterapia. Nella scheda di accettazione c’era scritto “Prestazioni multiple – infusione di sostanze chemioterapiche per tumore”.
“Sono Matteo Messina Denaro”. Sono state queste le prima parole del boss arrestato “Come ti chiami?”, gli hanno chiesto i carabinieri. “Sono Matteo Messina Denaro”. Il capomafia avrebbe cercato di allontanarsi alla vista dei carabinieri. Un tentativo di pochi istanti fermato dai carabinieri. Cappellino, cappotto di montone, occhiali da vista scuri, visibilmente ingrassato. Così poi Matteo Messina denaro si è mostrato agli uomini che lo hanno catturato. Per alcune centinaia di metri è stato condotto sotto braccio agli agenti del Ros, fino a quando non è salito a bordo di un mezzo. Poi trasferito in un primo momento all’interno della caserma San Lorenzo, è stato portato all’aeroporto di Boccadifalco per essere spostato in una struttura carceraria di massima sicurezza.
L’ok al blitz arriva 3 giorni fa, quando I magistrati, che da tempo seguivano la pista, hanno dato il via libera. I carabinieri del Gis erano già alla clinica Maddalena dove, da un anno, Messina Denaro si sottoponeva alla chemioterapia. Il boss, che aveva in programma dopo l’accettazione fatta con un documento falso, prelievi, la visita e la cura, era all’ingresso.
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