Gli agenti della squadra Mobile e del commissariato Tuscolano sono al lavoro per ricostruire i tasselli del dramma che venerdì notte si è consumato davanti al ristorante Brado di via Amelia 42, a Roma, nel quale Martina Scialdone è stata uccisa da un colpo di pistola sparato dall’ex compagno.
Una relazione al capolinea, forse già finita, l’ultima cena di chiarimento, la lite nel ristorante, la dinamica degli attimi concitati tutta ancora da chiarire, le urla in strada, lo sparo, la fine di un’altra giovane esistenza decisa per mano di chi probabilmente non sopportava l’idea di essere stato lasciato.
Un copione troppo simile, soprattutto nel tragico epilogo, a quello di tantissime altre donne per le quali ora non resta che chiedere rispetto per la morte e giustizia per una vita che ha cessato di esistere.
Le foto di Martina Scialdone la ritraggono bella e sorridente. Era un giovane avvocato di 34 anni, lavorava in uno studio legale di via Panama, ai Parioli. “Martina lavorava con noi da quattro-cinque anni. Non ci aveva mai parlato di problemi personali. Nel nostro studio si occupava di diritto di famiglia e tante volte si era trovata ad affrontare storie di donne vittime di violenza”. Ha raccontato un collega della vittima in una breve intervista riportata questa mattina sulle pagine di Repubblica, ma colpiscono soprattutto le parole di una vicina di Martina. Anche queste menzionate nell’articolo del noto quotidiano.
“ Martina era una brava ragazza, aveva studiato era diventata un avvocato apprezzato. La madre aveva da poco perso il marito. Martina l’ho vista crescere, della sua storia d’amore erano tutti scontenti, ma anche lei aveva capito che non andava bene e non voleva riallacciarla”. Dichiarazioni che pesano come pietre a ripensare alla scene che si sono susseguite dentro e fuori il ristorante Brado di via Amelia 42 a Roma, lo scorso venerdì notte. Scene che gli agenti della Squadra Mobile romana ora tentano di rendere più chiare. Dinamica del delitto, antefatto, movente, vita di Costantino Bonaiuti, l’ex compagno di Martina, l’uomo che ha deciso che lei non dovesse vivere più.
Cosa ha armato la sua mano? Perchè Bonaiuti venerdì sera alla fine di quella cena durante la quale le urla hanno fatto sì che i due venissero invitati ad uscire dal locale ( momento clou dell’attività investigativa da decifrare) ha sparato al petto della giovane donna con una pistola calibro 22? Qual è stata la vita dell’ex compagno di Martina? Bonaiuti ha 61 anni, è di origini etiopi. Come scrive oggi il Messaggero è un ingegnere e sindacalista di AssiVolo, il sindacato dei quadri Enav. Negli uffici amministrativi e tecnici di via Salaria è tra i responsabili dei voli internazionali.
Due anni fa scopre un tumore ai polmoni e chiede di lavorare in smart working. I colleghi lo raccontano come un uomo riservato, che ha sempre avuto la passione per le armi e il tiro al bersaglio. Iscritto al poligono di Tor di Quinto, lo stesso poligono dove si allenava Claudio Campiti, l’autore della strage di Fidene dello scorso 11 dicembre. La diagnosi di cancro avrebbe segnato inevitabilmente gli ultime mesi della vita dell’uomo ora accusato di aver ammazzato Martina. Cosatantino Bonaiuti aveva subito una serie di lutti: il fratello morto in un incidente stradale, le due sorelle a distanza di poco tempo si erano tolte la vita. Poi l’incontro con Martina, tanto più giovane di lui.
La storia tra i due era ai titoli di coda. La coppia non veniva più vista insieme nel comprensorio di Colle Salario dove Bonaiuti si era trasferito e viveva. Martina era la sua finestra sul mondo, una finestra che una volta chiusa ha evidentemente contribuito all’isolamento mentale dell’uomo. E poi si arriva a venerdì notte…Alla cena, Martina era anche col fratello, e dunque la lite e infine lo sparo dalla calibro 22 che ha interrotto per sempre la vita della sua ex compagna.
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