La Procura di Roma ha aperto un fascicolo per omicidio colposo. È stata disposta l’autopsia sul corpo di Valeria, la giovane madre di una bimba di 13 mesi, morta di meningite batterica a Roma. Era stata visitata e dimessa da 3 diversi ospedali, poi la diagnosi. Ma era ormai troppo tardi. E ora il padre Stefano chiede giustizia
Le foto. Ora di Valeria Fioravanti, giovane, bella, mamma da poco, restano le foto e quel dolore incommensurabile, infinito, indelebile che rimarrà scolpito nell’animo di chi l’ha amata. Come nel caso del padre Stefano che ora vuole giustizia.
Sul caso di Valeria Fioravanti, morta a Roma di meningite batterica dopo diverse visite in altrettanti ospedali, dopo le dimissioni e una diagnosi arrivata troppo tardi quando per lei non c’era più niente da fare, la Procura ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo.
Sul suo corpo è stata disposta l’autopsia. Vanno capite le cause del decesso e le probabili responsabilità dei medici che l’hanno visitata e dimessa quando è stata operata per l’ascesso e successivamente nelle visite effettuate nei nosocomi che non hanno accertato la patologia per cui Veleria sarebbe morta. Disposto anche il sequestro delle cartelle cliniche. la Regione Lazio ha anche deciso per un audit di tutti coloro che l’hanno visitata. “Giustizia per Valeria”, chiede intanto la famiglia, invoca il padre Stefano che racconta il calvario di sua figlia iniziato nei giorni di Natale.
Valeria, morta di meningite batterica. Era stata dimessa tre volte. Parla il padre “Vogliamo giustizia”
Valeria aveva 27 anni, era madre di una bimba di 15 mesi. Romana cresciuta nel quartiere Don Bosco, lavorava presso Adr Security, azienda che si occupa della sicurezza degli scali della Capitale. Come detto sopra, la sofferenza della giovane donna inizia a Natale, quando Valeria scopre di avere un ascesso sotto l’ascella, forse causato da un pelo incarnito. Al pronto Soccorso del Campus Biomedico le praticano un’incisione e le applicano due punti di sutura. Il giorno dopo, era Santo Stefano la donna scopre che la ferita si era infettata. Aveva dolore, racconta il papà di Valeria ” Per questo l’abbiamo portata al pronto soccorso dell’ospedale Casilino dove le hanno tolto i punti e disinfettato la ferita, dimettendola”
Una volta a casa i dolori si irradiano alla spalla, poi alla testa. Il 27 dicembre nuovo accesso al pronto soccorso: le prescrivono iniezioni di antidolorifici e la dimettono di nuovo. Prosegue nel suo racconto drammatico Stefano Fioravanti, riportato oggi da Corriere e Messaggero “A casa ha cominciato a contorcersi dal dolore e il giorno dopo siamo tornati allo stesso pronto soccorso dove i medici hanno sostenuto che Valeria esagerasse e all’insistenza di mia moglie per una visita più approfondita, hanno minacciato di chiamare i carabinieri”. Col trascorrere dei giorni i sintomi peggiorano, quel dolore non passa. Anzi diventa ancora più forte. Arriviamo alla data del 4 gennaio, quando i familiari di Valeria decidono di portarla all’ospedale San Giovanni.
La procura ha aperto un’inchiesta. Disposto audit della Regione
Qui la giovane mamma viene sottoposta a tac. Le viene diagnosticata una protusione vertebrale e quindi la terapia le viene modificata. A Valeria viene messo un collare. Anche in questo caso scattano le dimissioni dal pronto soccorso. Trascorro ancora 48 ore, il 6 gennaio, racconta il papà “Valeria non parlava più e quando lo faceva diceva cose senza senso. Siamo tornati al San Giovanni dove le hanno fatto un prelievo da far analizzare allo Spallanzani. Lì si è scoperto che era affetta da meningite. È stata intubata e, all’una di notte, trasferita in terapia intensiva in un altro ospedale. Ma alle 7 i medici ci hanno detto che per lei non c’era più nulla da fare”.
Eccole le sequenze drammatiche, riportate oggi sui due quotidiani, dell’agonia lunga vissuta da questa ragazza di 27 anni che forse, se l’attenzione dei medici fosse stata adeguata, si sarebbe potuta salvare. Oggi al dolore della madre e del padre si aggiunge anche quello degli amici, dei parenti, dei colleghi di lavoro. I lavoratori di Adr, hanno deciso per una raccolta fondi in supporto della famiglia di Valeria, morta troppo presto. E ora per lei si chiedono appunto solo e soltanto verità e giustizia.