La magistratura vaticana ha deciso di riaprire il contorto caso sulla sparizione di Emanuela Orlandi. Al centro delle indagini tutte i documenti raccolti negli scorsi decenni con anche nuovi interrogatori in vista.
Alla fine le autorità vaticane hanno deciso di riaprire il caso di Emanuela Orlandi. La misteriosa vicenda che ha rappresentato finora un caso irrisolto agli occhi del mondo. L’iniziativa è stata assunta dal promotore della giustizia della Santa Sede Alessandro Diddi, unitamente alla Gendarmeria del piccolo Stato oltretevere.
In circa 40 anni si è molto indagato, discusso e polemizzato sulla fine della ragazza. Adesso gli inquirenti sembrano risoluti a trovare una soluzione al misterioso caso che pende sul Vaticano come una spada di Damocle.
Andare fino in fondo. Sembra questo il mantra che ispira le indagini sul caso di Emanuela Orlandi, che attraverso l’Adnkronos si è saputo essere state riaperte. Per raggiungere lo scopo saranno riesaminati fascicoli, documenti, segnalazioni, informative e testimonianze. Di più saranno condotti ulteriori interrogatori per non lasciare spazio a dubbi e strade intentate. Il ritmo di marcia intrapreso dal Promotore di Giustizia del Vaticano mira a correggere eventuali errori precedenti per chiudere al più presto il cerchio. Emanuela Orlandi scomparve nel nulla a 15 anni. La giovane era figlia di un dipendente della Santa Sede. L’ultima volta che è stata vista era il 22 giugno alle 16,mentre si recava a lezione di musica in piazza Sant’Apollinare.
Tra le tante ipotesi quella che è stata ritenuta più plausibile è il sequestro di persona. Al riguardo fu Giovanni Paolo II a parlare per la prima volta di ciò dopo un appello lanciato durante l’Angelus. Le nuove indagini potrebbero portate qualche risultato anche sulla vicenda di Mirella Gregori, anche lei sparita quell’anno. La riapertura del caso di Emanuela è stata possibile grazie alla famiglia della giovane e a suo fratello in particolare, che da anni perorano attraverso ogni canale possibile la risoluzione del giallo.
Quello della giovane figlia di un dipendente vaticano è un caso durato ormai troppo. Nel 2015 si era spento l’ultimo barlume di speranza per conoscere la verità sulla sua fine. Il Gip di allora, su richiesta della Procura e per assenza di prove importanti, procedette con l’archiviazione del caso sulle scomparse di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. Il filone d’inchiesta era partito nel 2006 a seguito alle dichiarazioni di Sabrina Minardi, e vedeva 6 indagati per concorso in omicidio e sequestro di persona. In quella circostanza era stato coinvolto anche mons. Pietro Vergari, ex rettore della Basilica di Sant’Apollinare, dove fino al 2012 era tumulato uno dei boss della banda della Magliana: “Renatino” Enrico De Pedis.
Risalgono a qualche anno fa le analisi sulle ossa rinvenute durante dei lavori di restauro della sede Nunziatura apostolica di via Po, a Roma. Per l’occasione indagarono anche la Procura di Roma e la polizia scientifica nel tentativo di appurare se quei resti umani fossero compatibili con il Dna di Emanuela Orlandi. La vicenda finì in un nulla di fatto, e oggi si ricomincia tutto daccapo.
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