Mentre proseguono senza sosta le ricerche di tre dei 7 ragazzi evasi il pomeriggio di Natale dall’istituto penitenziario Beccaria di Milano, divampano nuovamente le polemiche per le condizioni in cui da anni versa lo stesso istituto. Parla il Cappellano Don Claudio Burgio al Corriere della Sera “Alcuni ragazzi non ce la fanno più”
L’ultima notizia ufficiale rispetto alle indagini risale alla giornata di ieri, quando è stato rintracciato e catturato il quarto giovane dei 7 evasi il pomeriggio di Natale dal carcere minorile Cesare Beccaria di Milano.
Si tratterebbe di un minore di 17 anni di origini marocchine, trovato a Sesto a San Giovanni dai carabinieri. A questo punto all’appello mancano ancora 3 fuggiaschi. Si tratterebbe di due maggiorenni di 19 e 18 anni e un minore di 17. Due giovani, tra i tre rientrati, sono stati convinti a costituirsi dalle famiglie; un diciottenne era stato invece rintracciato dagli agenti del nucleo investigativo regionale lombardo dalla Polizia penitenziaria. Si trovava a casa della suocera.
Ma come è stata possibile una simile fuga? Come è stata progettata? Chi ha lanciato l’idea? Mille domande e mille dubbi ai quali dare risposta e i giornalisti provano su questo ad incalzare gli investigatori e la Procura nella veste del suo numero uno: Ciro Cascone, che da 7 anni appunto, dirige la Procura dei minori di MIlano. In un passaggio di un’intervista apparsa oggi sulle colonne di Repubblica, Cascone dice “Non posso parlare delle indagini, ma è fatale che uno lanci l’idea e altri, per fragilità e mancanza di riferimenti, seguano. Ma ora, mentre tanti chiedono solo di chi sia la colpa, io dico: dobbiamo capire dove stanno le responsabilità del grave episodio”.
Già le responsabilità della comunità. Non solo nell’episodio specifico, insiste il Procuratore Cascone, ma nell’approccio ad un problema che investe la società tutta. Anche dei cosiddetti nuclei familiari “per bene”. E dure sono le parole che arrivano in questa intervista, all’indirizzo di chi governa e ha governato. Ecco infatti cosa dice Cascone sui fondi a disposizione delle carceri minorili, dei ragazzi che lui chiama “invisibili”: “Vuole un esempio? Lo sa che il Pnrr ci ignora completamente? Quindi il fattaccio del Beccaria deve servire ad accendere le luci non solo sulle carceri, ma sul mondo minorile: su cui non riusciamo a fare nulla, o quasi, prima che diventino giovanissimi indagati o detenuti”.
Fuga dal Beccaria, il Procuratore Cascone “Si accendano le luci sul mondo delle carceri minorili”
E sulla cattura dei tre ragazzi ancora fuggitivi, il capo della Procura dei minori di Milano si augura che i giovani si arrendano e si consegnino . Ecco di nuovo una parte delle sue parole a Repubblica “Già sono invisibili, se poi evadono, molti pensano che bisogna chiuderli in gabbia e buttare la chiave. Ma è questo che serve a loro, e al Paese?“. Dello stesso tenore, anche se il ruolo è diverso, l’intervista riportata dal Corriere della Sera al cappellano del Cesare Beccaria. Un’intervista che non si sofferma su chi a Natale ha deciso di evadere, o su chi ha deciso di rientrare o su chi ancora è fuori e nel mirino delle forze dell’ordine, ma un’intervista dal tono aspro che racconta, come sa fare solamente chi conosce la realtà dietro quelle sbarre, cosa manca per rendere la vita dei detenuti di quel carcere, una vita volta alla speranza e non alla rassegnazione.
“Alcuni ragazzi non ce la fanno più, pensano di non avere niente da perdere, sono provocatori a livello verbale, temono nuovi trasferimenti in carceri lontane. Spesso alla richiesta di farmaci per calmarsi o dormire la notte si acconsente ma anche la medicalizzazione, se diventa eccessiva, è un rischio”. Eccole le parole di Don Claudio Burgio al Corriere. Anche Don Burgio, esattamente come il Procuratore Cascone, si sofferma sulla condizione ordinaria di chi è stato condannato a scontare la pena presso un carcere, e nel caso specifico in quel carcere “Oggi quando sono andato via, battevano contro tutti contro i blindi, un rumore assordante. Per evitare che la violenza prenda il sopravvento, bisogna che i ragazzi non avvertano il Beccaria come luogo solo di reclusione”.
Beccaria, parla il cappellano “Alcuni ragazzi non ce la fanno più”
Don Claudio al Corriere della Sera racconta delle giornate vuote trascorse dietro le sbarre dai giovani detenuti, soprattutto in periodi vacanze; di attività venute a mancare dopo il Covid; testimonia di luoghi ristrutturati nell’istituto che non possono essere vissuti e di ragazzi “costretti” solo all’interno delle sezioni. Tutto ciò accade per la mancanza di personale “Gli agenti sostengono uno sforzo enorme, ma cosa deve succedere perchè il Ministero capisca che serve rafforzare?”. Dentro il Cesare Beccaria non è più possibile praticare allenamenti e partite di calcio e rugby, anche con esterni come invece era possibile fare in passato.
Sottolinea Don Burgio quanto sia fondamentale il processo osmotico tra dentro e fuori, lo definisce addirittura salutare, ed accetta con convinzione l’idea della direttrice del carcere di voler realizzare una pizzeria nel Beccaria, ovviamente col sostegno di aziende che investano in tirocini “I ragazzi imparerebbero un mestiere”. Insomma un’idea trasversale applicabile ovunque: si insegna, si impara, si lavora, si guadagna, si diventa grandi e responsabili.