Sabrina e Michael, vivono in strada da aprile scorso e il 2 dicembre hanno rinunciato al loro bambino nato nell’ospedale di Melegnano (Milano). La coppia spiega il motivo di quella scelta
“Come si fa a tenere un neonato in questa situazione?”. Così Sabrina, una clochard di 24 anni racconta la sua storia al Corriere della Sera dopo aver partorito il 2 dicembre scorso suo figlio. Una storia di rinuncia e di abbandono non presa a cuor leggero. Lei e il compagno Michael di 29 anni vivono in strada da aprile scorso.
Il loro bambino è nato prematuramente all’ospedale di Melegnano (Milano) e lì è rimasto tra le braccia di infermiere ed ostetriche che si prenderanno cura del neonato affinché una nuova famiglia vorrà adottarlo. Ma cosa ha portato la coppia che non ha voluto neanche riconoscere il bambino ad una scelta così drastica?
Dopo il parto la 24enne è ritornata in strada dove ad attenderla non c’è una casa ma un rifugio precario: due ombrelli aperti e un terzo mezzo rotto a formare il tetto, una copertina per ripararsi dalle serate più gelide e tanti pensieri sparsi. Il neonato, ignaro di tutto, è in attesa di un paio di braccia che si prenderanno cura di lui.
Non hanno un posto dove abitare la coppia di clochard di 24 e 29 anni originari di Cagliari che lo scorso 2 dicembre hanno rinunciato a loro figlio nato nell’ospedale di Melegnano, a pochi chilometri da Milano. Il posto di fortuna dove attualmente trascorrono le loro giornate è la stazione della metropolitana di San Donato, alle porte della città meneghina.
Sabrina ha 24 anni e dopo il parto è ritornata dal compagno 29enne dal quale non si separa da tempo. Una coppia solida che però ha scelto di non riconoscere quel figlio nato prematuramente. Nel frattempo il piccolo è diventato adottabile. La coppia, a seguito della pandemia, si era stabilita ad Hannover (Germania). I debiti erano molti e per questo motivo sono finiti in carcere.
In seguito si sono trasferiti a Milano, dove vivono di elemosina. È Sabrina che oggi racconta al Corriere della Sera perché ha rinunciato al figlio: “Non avevo pensato al nome. Che senso aveva? Tanto sapevo che non lo avrei tenuto. Come si fa a tenere un neonato in questa situazione?”. Sia Sabrina che il compagno Michael sono ad ora senza documenti: “Non possiamo fare niente. Dovremmo andare a rifare tutto in Sardegna ma chi ce li ha i soldi?Qualcuno si è proposto che ci pagherebbe il biglietto ma poi come potremmo ritornare a Milano? In Sardegna non vogliamo restare perché lì non c’è niente”.
La 24enne racconta che il compagno Michael in Germania lavorava come pizzaiolo dentro una fabbrica della Volkswagen. Poi finiscono entrambi in carcere, seppur la donna non spiega il motivo: “Avevamo dei debiti. Però lì in prigione ti danno tutto e anche i soldi”. Ottenuto il foglio di via dalla Germania arrivano a Milano.
“In centro, a Milano ci mandavano sempre via. Qui alla stazione va bene ma alle 5 del mattino ci cacciano. Nei dormitori non ci andiamo perché ci separano”. Trascorrono le loro giornate a fare l’elemosina. Con i pochi soldi acquistano birra e vermouth. La ragazza spiega che “Serve per stare qui”. Ammettendo anche di fare uso. di qualche sostanza.
Come riporta anche Open, la donna racconta qualcosa del suo passato:”Vorrei un lavoro ma chi se la prende una come me?. In Sardegna ero seguita dai servizi psichiatrici. Ho avuto anche un’interruzione volontaria di gravidanza, firmò mia madre perché io ero minorenne. Anche questa volta l’avrei fatto se mi fossi accorta di essere incinta. Ma da tre anni non avevo più il ciclo, quindi non mi sono proprio resa conto”.
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