Eva Kaili, l’ex vicepresidente del parlamento europeo coinvolta nello scandalo di mazzette dal Qatar all’Europarlamento, sapeva: dei soldi e delle influenze. Le sue ammissioni davanti ai magistrati
Eva Kaili ha parlato e lo ha fatto davanti al magistrato, Michel Claise, che ha per primo avviato la maxi inchiesta ribattezzata Qatargate.
L’ex vicepresidente del parlamento europeo, secondo quanto riporta il quotidiano la Repubblica oggi, era a conoscenza dei sodi che giravano intorno al suo compagno e assistente parlamentare Francesco Giorgi. Sapeva anche del coinvolgimento dell’europarlamentare Antonio Panzeri. Eva Kaili quindi avrebbe confessato, provando però a circostanziare le proprie responsabilità.
La frase, la dichiarazione della Kaili messa a verbale, sarebbe stata questa: “E’ vero, conoscevo le attività di Mr Panzeri e sapevo che a casa mia c’erano valige piene di soldi”. L’ammissione sarebbe grave, ma anche inevitabile. Quando la tempesta Qatargate infatti irrompe nei palazzi del Parlamento europeo, subito dopo il padre di Eva Kaili viene “beccato” in flagranza di reato: aveva un trolley pieno zeppo di banconote. Ma sempre secondo la magistratura l‘ex presidente destituita dai suoi incarichi, avrebbe pure cercato di avvisare Antonio Panzeri e due eurodeputati delle indagini in corso. Queste rilevazioni, spiegano i magistrati, avrebbero portato alla decisione di intervenire con gli arresti nei confronti della stessa Kaili, di Panzeri e degli altri nomi noti coinvolti.
Mazzette dal Qatar, Eva Kaili sapeva dei soldi nelle valigie
Cosa viene contestato esattamente alla Kaili? Di essere “intervenuta in difesa degli interessi del Qatar”. Perchè secondo la ricostruzione degli investigatori e dei magistrati belgi, la politica ed ex giornalista avrebbe incontrato il ministro del Lavoro del governo di Doha. Pare glielo abbia chiesto Antonio Panzeri attraverso il compagno Francesco Giorgi. Panzeri le avrebbe inoltre detto, sempre attraverso Giorgi di “smetterla” “di non parlare con l’olandese”.
Quindi tornando alle motivazioni che hanno portato all’arresto di Eva Kaili, il fatto che al padre fossero stati trovati soldi in quella valigia, le perquisizioni nella sua abitazione con il sequestro di altre banconote, il tentativo di inquinare le prove ovvero la fuga del padre o quantomeno il tentativo poi bloccato e ultimo ma non ultimo, l’aver cercato di informare Panzeri e non solo, ecco tutto ciò ha fatto capire ai magistrati nei confronti della ex vicepresidente greca, che si dovesse agire con tempestività e fermezza. Nero su bianco infatti i magistrati scriverebbero di comportamenti “che hanno causato un grave pregiudizio sulla sicurezza”.
La convinzioni della Procura sulla “cricca Panzeri”
Ma c’è un’altra ammissione degli investigatori e della magistratura, anche questa si rintraccia nelle carte che oggi in parte riporta Repubblica: tutto il sistema di corruzione “messo in piedi da Panzeri e Giorgi rappresenterebbe un certo danno per equilibrio della democrazia”. L’avvocato di Eva Kaili Michalis Dimitrakopoulos ritiene troppo dura la misura degli arresti in carcere e non è escluso infatti che nelle prossime ore il giudice possa decidere per la misura cautelare dei domiciliari. Il legale avrebbe inoltre fatto notare come la collaborazione della sua assistita sia importante e che il denaro trovato nella casa della Kaili, in realtà non le appartenesse. Era di suo marito.
La Procura non molla la presa. E’ convinta che Eva Kaili possa ancora dire molto, raccontare dettagli importanti su quella che viene definita la “cricca di Panzeri”, che in modo calcolato e consapevole avrebbe “investito” sulla deputata greca al fine di “sostenere gli interessi del Qatar e del Marocco”. Insomma i magistrati credono che Panzeri e Giorgi abbiano influito e non poco anche sulle nomine di persone nelle commissioni che interessavano e anche nella nomina del vicepresidente. Un’indagine destinata ad allargarsi, a buttare dentro forse anche altri nomi eccellenti: si indaga nella serie di rapporti che Panzeri avrebbe intrattenuto nel gruppo socialista.