Argentina Campione del Mondo, l’eroe del giorno è Messi. Il maestro, però, è Scaloni: la sua “Scaloneta” sul tetto del mondo.
“Questa Nazionale è nata per soffrire, godiamoci ogni trionfo”. L’Argentina ha vinto grazie alle prodezze di Messi, ma l’Albiceleste deve il suo trionfo a qualcosa di molto più grande. Il pragmatismo di Scaloni. Il Commissario Tecnico dell’Albiceleste si prende i meriti, ma il suo pregio più grande è stato – e continua ad essere – quello della pazienza. Arrivato sulla panchina della Nazionale con scetticismo, nel 2018 doveva essere solo un “traghettatore” – quelli che portano le squadre lontano dal guado – invece è diventato una certezza.
La prima mossa lontano dai riflettori: parlare con Leo Messi, la Seleccion ha bisogno di un direttore d’orchestra, ma anche di un frontman. La Pulce voleva andare via, congedarsi dalla Nazionale. Scaloni lo convinse a rimanere. La storia non era ancora finita, semmai stava iniziando ma loro ancora non lo sapevano. Il calcio di Scaloni è solido e concreto: non ci sono preferenze o interpreti chiave. Esistono catalizzatori di gioco, in questo Messi è maestro, ma ciascuno mette il proprio in mezzo al campo.
Scaloni, il volto “operaio” della Seleccion: il “traghettatore” si è preso il mondo
Basti pensare che Emiliano Martinez ha fatto la storia del torneo essendo portiere. Significa che ogni ruolo è importante: Scaloni massimo referente della costruzione dal basso perché la gavetta l’ha fatta tutta, senza riserve. Prima gioca, anche in Italia, militando nella Lazio e nell’Atalanta, poi appende gli scarpini al chiodo e arriva al Siviglia in qualità di assistente di Sampaoli.
Conserva quell’aria da ex giocatore che potrebbe ancora entrare da un momento all’altro, questo ai giocatori piace: gli danno retta, la Federazione se ne rende conto e nel 2018 (dopo l’apprendistato di due anni in Liga) gli affida la Seleccion. I commenti sono quasi tutti negativi: nessuno affiderebbe la Nazionale a un “ragazzino”. Così lo chiamavano: Scaloni, nel frattempo, coltivava la tenacia dei veterani.
Quella che l’ha portato a vincere prima la Copa America e poi il Mondiale: primo in quest’impresa. Oggi l’Argentina ha i manifesti con il suo nome a caratteri cubitali, ma pochi anni fa le sue generalità al massimo se le ricordavano in ospedale. Sì, perché Scaloni non è la prima “finale” da dentro o fuori che combatte. Nel 2019 rimase vittima di un brutto incidente a Palma de Maiorca. La corsa in ospedale, i soccorsi e l’apprensione. Da quel momento l’ascesa.
La “Scaloneta” prima tocca il fondo, poi risale. Lentamente. Risultati, idee e gol. Vede, provvede, decide e vince. Scaloni è l’anima rude e mai doma di un popolo che intende continuare a sognare portato per mano da chi era abituato agli incubi. Ora Lionel, nome tutt’altro che casuale, sogna grazie a Messi e compagni. Sa benissimo, però, che non è stato sempre così. Per questo, ora, si gode ancor di più la vista dall’alto. Senza paura di cadere.