In ritardo di venti minuti sulla tabella di marcia, la premier Giorgia Meloni questa mattina ha fatto un discorso in vista della riunione del Consiglio europeo del 15 e del 16 dicembre. Nella sua comunicazione, ha parlato della guerra in Ucraina e in particolare della questione invio di armi. Poi ha parlato di Europa e di Pnrr. Il testo è stato consegnato poco fa in Senato. Domani alle 9,30 ci sarà poi la conferenza dei capigruppo. Ma di cosa ha parlato concretamente la Meloni? A Free.it Carlo Galli, politologo dell’Università di Bologna.
Nel corso della mattina, dopo il discorso di Meloni, l’aula del Senato ha approvato la risoluzione di maggioranza presentata dal ministro della difesa Guido Crosetto sull’invio delle armi a Kiev. Approvata con 143 si, 29 no e 1 voto contrario. La questione Ucraina è stata al centro del discorso della premier, che però, ha toccato anche altri nodi fondamentali. Ecco quali.
Cosa ne pensa del discorso di Giorgia Meloni di questa mattina?
“Non è stato un discorso memorabile, nel senso che non sono venute fuori cose esaltanti. Sono state date linee politiche che già conoscevamo. L’idea dell’aiuto incondizionato in Ucraina è tra le idee fondative della compagine di centrodestra e qui c’è una spiegazione anche della fermezza con la quale Meloni si schiera dalla parte di Kiev. Vuole far vedere che dentro la coalizione comanda lei e che le linee strategiche sono quelle che nascono da lei, dai suoi collaboratori e da Fratelli d’Italia. Senza sbavature e Salvini e nell’angolo, anche da questo punto di vista”.
Si è parlato molto di Europa. Cosa ne pensa?
“Meloni ha dato uno slogan che funziona: più Europa in Italia ma anche più Italia in Europa che però non è un’idea di destra. A penarci bene, tutti gli Stati dell’Ue cercano di trarre il massimo dei vantaggi possibili per sé stessi, compatibilmente con il funzionamento dell’architettura complessiva del parlamento europeo. Anche questo è più sloganistico che sostanziale.
Cioè, ci si augura che ogni governo, di destra, sinistra e centro, pensi ad avere un ruolo importante in Europa e lo faccia senza rompere le regole europee. Cosa che Meloni non ha fatto. Nel complesso, possiamo dire che questo discorso di oggi davvero rispecchia i primi tre mesi di governi. Un governo che ha deluso che tutti coloro che speravano, credevano che in Italia ci fosse una brusca cesura, un cambiamento drammatico della classe della politica”.
A cosa si riferisce?
“Non abbiamo né leggi speciali fascistissime, né un mutamento dell’egemonia culturale del Paese. C’è una continuità sostanziale che è tipica di un governo che al massimo può tentare di dare una patina vagamente ideologica, ma fa azioni che sono in continuità. Anche sulla legge finanziaria, tutto sommato. La manovra ha scontentato tanto Confindustria quanto i sindacati, come tutte le manovre che io ricordi da anni a questa parte. Non ho mai visto nessuna legge finanziaria accolta con gli applausi da qualcuno. Sarei anche preoccupato se accadesse, perché vorrebbe dire che è una legge sbilanciata a favore di qualcuno. Non è una legge di innovazione e investimento, certo, però, è un bel po’ di tempo che in Italia non ci sono manovre così. Questa volta sono stati messi 20miliardi sulle bollette e difficilmente si poteva fare diversamente”.
Ogni tanto ci sono delle dichiarazioni particolari, però…
“Ogni tanto ci sono delle curiose prese di posizioni di qualche membro del governo. Si va dall’umiliazione di Valditara alla balzana proposta di Salvini di dare 20mila euro per i matrimoni in chiesa. Ma sono cose ridicole dalle quali Meloni si è dissociata immediatamente immagino che in privato abbia anche fatto delle scenate ai proponenti. Certamente denotano il tipo di mentalità media che c’è dentro la maggioranza di governo. Non è una sorpresa, l’importante è che questa mentalità non produca leggi”.
Per quanto riguarda il punto sul Pnrr?
“Dunque, per quanto riguarda il Pnrr, c’è una questione oggettiva di ritardi che Meloni ha ereditato. Si deve intervenire con delle modifiche e questo può essere fatto in due modi: in modo provocatorio per far vedere all’Europa che comandiamo noi. Oppure può essere fatto in modo interlocutorio, come sostanzialmente ci sta chiedendo di fare Gentiloni.
Anche in questo caso, ho l’impressione che Meloni seguirà la seconda strada. Ha una certa capacità politica, mi sembra che sbagli poco. Non ha delle idee geniali o capacità napoleoniche. Però, per il momento non ha fatto passi falsi il che non era nemmeno scontato visto la sua inesperienza di governo. Io direi, stiamo a vedere cosa porta il prossimo anno”.
Pensa che, in fin dei conti, questo governo di destra sia quanto gli italiani si aspettavano?
“Non c’è niente di esaltante in questo governo, certamente. L’Italia non è protagonista, forse non lo vuole essere o non lo può essere, soprattutto in un momento come questo. Meloni ha delle linee politiche molto chiare. Un’affermazione come quella: non dobbiamo disturbare chi produce ha un tasso di ingenuità abbastanza raro. Difficilmente ho sentito delle frasi così scoperte, tuttavia…cosa ci aspettavamo? Le elezioni non le hanno vinte dei bolscevichi. Le ha vinte una coalizione di destra che non è fascista e non crede nelle corporazioni. Crede nel capitalismo nelle sue forme attuali.
E quindi siamo di fronte a una destra che dice cose in modo ingenuo ma le stesse cose erano l’essenza del pensiero di coloro che li hanno preceduti. Il concetto di non disturbare chi produce era largamente condiviso sia da Draghi sia da Conte. Non è che erano i paladini del socialismo. Il discorso complessivo dal punto di vista storico e intellettuale è questo. Non ha vinto un partito neofascista, ha vinto un partito che esprime le idee contemporanee della destra”.
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