Pos o contanti? Dilemma che popola le coscienze dei contribuenti e consumatori, ma il nodo sta nella convenienza. Le soluzioni.
Pos o contanti come interrogativo assoluto, al pari di essere o non essere. Il problema stavolta è questo ed è serio. Non che Amleto non lo sia, ma certamente non doveva amministrare un Paese. In special modo in Italia dove tutto tiene banco perchè ogni cosa vacilla: l’ammissione di un periodo complicato arriva dalla stessa Giorgia Meloni che, nel giorno del proprio insediamento da Premier, ha detto “Siamo in una tempesta”.
A lei e al suo schieramento di maggioranza dragare l’Italia fuori dalle onde, ma le “scialuppe di salvataggio” – per usare un paragone nautico – non piacciono alle opposizioni. Soprattutto se si inizia a parlare di circolazione del denaro contante: nella Legge di Bilancio 2023 tiene banco l’autorizzazione ai commercianti di accettare pagamenti contanti al di sotto dei 60 euro. Secondo Conte (Movimento Cinque Stelle) e Letta (Partito Democratico) un modo per favorire l’evasione fiscale.
Pos o contanti: cosa fare e perchè
Quelle che possono sembrare semplici scaramucce tra maggioranza e opposizione sono, in realtà, alimentate anche da uno studio della Banca D’Italia che dice come – effettivamente – una correlazione tra i due aspetti possa esserci. Senza contare l’ammonimento della Comunità Europea che non ha visto di buon occhio la scelta di Meloni e soci. All’interno del PNRR (Piano Ripresa e Resilienza) c’è proprio un aspetto che preme sull’utilizzo di pagamenti elettronici per garantire una tracciabilità e combattere l’evasione.
Il tetto dei 60 euro, in definitiva, non piace all’Europa. Ecco perché Giorgia Meloni, in Italia, tiene la barra dritta ma poi sui social (dove occorre strizzare anche l’occhio alla politica internazionale) aggiusta il tiro: “Sul tetto possiamo discutere”. Per molti consumatori, però, il tetto è l’ultima cosa. In particolare se bisogna fare i conti con il resto della casa, nel senso che molti vogliono capire se questi cambiamenti porteranno scompensi dal punto di vista degli introiti oppure no.
Nodo commissioni: la protesta degli esercenti
Insomma, su cosa puntare: pos o contanti? La domanda resta, una risposta provano a darla Confesercenti e Confcommercio che imbeccano le provocazioni della Meloni parlando di un’annosa questione che la donna, nella sua rubrica social inaugurata recentemente “Gli appunti di Giorgia”, non ha affrontato. Ovvero quella delle commissioni. In molti, infatti, non avrebbero remore a usare la carta di credito per pagare qualunque cosa. Esiste, però, il nodo commissioni: a ogni pagamento va aggiunto il contributo – se così si può definire – per ogni transazione.
Dinamica che non c’è da oggi, ma attualmente il problema si pone anche per prendere un caffè. Molto spesso, infatti, i costi di commissione sono più alti del caffè stesso. L’esempio estremo, tuttavia, può essere plasmato a qualunque altra situazione. Giorgia Meloni glissa sul tema dicendo che se si vuole prevenire l’evasione: “È possibile pretendere lo scontrino”, anche quando si paga in contanti. La triste realtà, però, è un’altra. Il denaro cash si presta meno, per un costume puramente italico, al rilascio di fattura. Lo dicono gli ultimi dati ISTAT.
Lino Stoppani, Presidente di Fine Confcommercio, sottolinea: “Noi (commercianti n.d.r.) saremmo per un mondo cashless, purché i costi non ricadano sugli esercenti”. La nuova metodologia non deve, in altre parole, intaccare i consumi. Il nodo commissioni, dunque, resta ed è finora il centro della questione. Bankitalia, inoltre, tira fuori l’aspetto di furti e banconote false che con la circolazione agevolata del denaro contante potrebbero ritornare. In aggiunta provoca: “Il nuovo modello di remunerazione configura una restrizione della concorrenza a danno dei consumatori”. La partita è ancora aperta, ma a chiudersi dovranno essere le divergenze. Altrimenti la Legge di Bilancio, per questo e altri aspetti, rischia di non passare.