Manolo Portanova, anche il calciatore del Genoa condannato per violenza di gruppo | La sentenza
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Alessandro Artuso
2 anni ago
Sentenza di condanna per Manolo Portanova, calciatore del Genoa e dell’Under 21, accusato di violenza sessuale. Tutte le decisioni emerse durante la sentenza.
Manolo Portanova è il centrocampista 22enne, attualmente in forza al Genoa, accusato del reato di violenza sessuale di gruppo. Il giocatore e altre persone sono finite sotto processo, davanti ai giudici del Tribunale di Siena, dopo quanto denunciato da una ragazza.
Per il calciatore si pare uno scenario arrivato in seguito alla decisione di indire il rito abbreviato. A stabilire la decisione è Ilaria Cornetti, giudice per le udienze preliminari, con tanto di lettura della sentenza.
Manolo Portanova, la sentenza dopo il processo con l’accusa di violenza | Cosa ha deciso il giudice
Durante la mattinata di martedì 6 dicembre 2022, il tribunale di Siena ha emesso la sentenza in seguito alla richiesta di rito abbreviato, così come richiesto da Gabriele Bordoni, avvocato del calciatore rossoblù. Inflitta una condanna a sei anni, stessa cosa per lo zio Alessio Langella. Rinviato invece a giudizio Alessandro Capiello, indagato che ha scelto il rito ordinario. Manolo Portanova ha assistito personalmente all’udienza, insieme ai propri legali, svolta a porte chiuse.
Condannato il giocatore, insieme ad un altro imputato, ad un risarcimento di 100mila euro alla ragazza, 20mila euro alla madre e 10mila da devolvere all’associazione senese Donna chiama Donna che si è costituita parte civile. Portanova è stato ritenuto colpevole di violenza sessuale di gruppo ai danni di una studentessa romana 21enne. Per un quarto indagato, all’epoca ancora minorenne, servirà il giudizio da parte del Tribunale dei minori di Firenze.
La ricostruzione dell’episodio
Tutto risale alla notte fra il 30 e il 31 maggio 2021 con un episodio presumibilmente avvenuto nel centro storico di Siena. A riportare la notizia è il Corriere della Sera. Portanova e la ragazza si sarebbero appartati, poi l’intervento degli altri e da lì sarebbe iniziata la violenza di gruppo. Gli inquirenti hanno cercato video, foto e messaggi sui vari telefono, cosa però smentita dalle indagini, da qui la decadenza dell’ipotesi del reato di revenge porn.
Durante il primo periodo d’indagine erano stati disposti gli arresti domiciliari, in seguito alla denuncia della ragazza, poi successivamente revocati. Il provvedimento era valido soltanto per gli indagati maggiorenni.