Lavoro e aziende: tornano i voucher. La manovra di Governo cancella quanto ottenuto dalla Camusso nel 2017: le novità per i lavoratori.
Giorgia Meloni rafforza la propria leadership iniziando dal lavoro: uno dei temi fondanti dal suo insediamento è stato la lotta all’assistenzialismo sterile. Il motto principale è: “Non disturbare chi vuole fare”. Cenno d’intesa, in tal senso, alle imprese che vedranno – almeno nei propositi – maggiore libertà d’azione. Manovra che avviene tramite provvedimenti ben precisi: in primis c’è la lotta al Reddito di Cittadinanza. Misura che, secondo i piani proposti, sarà abolita nel 2024.
Previste “nuove forme di assistenza per chi non può permettersi di lavorare”. Tutti gli altri, cioè quelli che non trovano lavoro poichè la spada di Damocle delle assunzioni dimezzate non permette di fare piani nel bel mezzo della congiuntura economica, aspettano risposte. Una, per il momento, arriva dai voucher: misura che, nel 2017 era stata abolita. Caduta nel dimenticatoio grazie a Susanna Camusso (ex Segretario Generale della CIGL) che riuscì a raccogliere 3 milioni di firme per abolire tale provvedimento. Successivamente Renzi li chiamò ticket, ma restarono ugualmente un ibrido che sembrava non portare da nessuna parte.
Nella fattispecie la misura nasce come supporto al lavoro occasionale: tutta quella formula di assistenza all’impiego che non prevede un rapporto continuativo. Oggi vengono definiti “lavoratori stagionali”, ma dietro c’è molto di più: l’esigenza di un posto di lavoro che non abbia paghe da fame e ritmi usuranti. Il capitolo della sicurezza è strettamente correlato, proprio Meloni disse: “È inconcepibile che un giovane esca di casa per andare al lavoro e non torni più”. Piaga che, purtroppo, non varia a seconda dell’età. Anche perché, dovendosi adattare, nella disoccupazione ci si piega a qualsiasi cosa. Spesso senza troppi scrupoli.
Motivo per cui i sindacati non vedono di buon occhio la reintroduzione dei voucher che, rispetto al passato, presentano un allargamento delle maglie: si passa da 5000 a 10.000 euro di importo complessivo. Vale a dire di disponibilità salariale. Le maglie degli incarichi così si allargano. Proprio quello che i sindacati vogliono evitare: “I contratti devono essere prassi, non i voucher”, boccia Landini. Plauso che, però, arriva da Confagricoltura veneta che sottolinea: “Una misura del genere ci agevola nell’assunzione di manodopera per brevi periodi”. Esultano le imprese agricole. La partita resta aperta su più fronti: burocrazia ridotta da una parte, maggiori garanzie dall’altra. Frattura con le parti sociali che rischia di essere insanabile.
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